mercoledì 13 aprile 2016

C - 4 DOM. PASQUA


3 commenti:

  1. S. GIOV. PAOLO II – PASTORES DABO VOBIS
    Vi darò Pastori secondo il mio cuore ».(1)
    Con queste parole del profeta Geremia Dio promette al suo popolo di non lasciarlo mai privo di pastori che lo radunino e lo guidino: « Costituirò sopra di esse (ossia sulle mie pecore) pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi ».(2)
    La Chiesa, popolo di Dio, sperimenta sempre la realizzazione di questo annuncio profetico e nella gioia continua a rendere grazie al Signore. Essa sa che Gesù Cristo stesso è il compimento vivo, supremo e definitivo della promessa di Dio: « Io sono il buon pastore ».(3)
    Egli, « il Pastore grande delle pecore »,(4) ha affidato agli apostoli e ai loro successori il ministero di pascere il gregge di Dio.(5) In particolare, senza sacerdoti la Chiesa non potrebbe vivere quella fondamentale obbedienza che è al cuore stesso della sua esistenza e della sua missione nella storia: l'obbedienza al comando di Gesù: « Andate dunque e ammaestrate tutte le genti » (6) e « Fate questo in memoria di me »,(7) ossia il comando di annunciare il Vangelo e di rinnovare ogni giorno il sacrificio del suo corpo dato e del suo sangue versato per la vita del mondo.

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  2. BENEDETTO XVI GESU' DI NAZARET – IL PASTORE
    II pastore L'immagine del pastore, con cui Gesù presenta la sua missione sia nei sinottici sia nel Vangelo di Giovanni, reca in sé una lunga storia. Nell'antico Oriente, sia nelle iscrizioni regali sumeriche sia in ambito assirobabilonese, il re si definisce pastore investito da Dio; l'atto del «pascere» è un'immagine del suo compito di governo. A partire da questa immagine, la cura dei deboli rientra tra i compiti del sovrano giusto. Si potrebbe dunque dire che l'immagine di Cristo buon pastore è, secondo le origini di essa, un Vangelo di Cristo re che fa risplendere la regalità di Cristo. L'antefatto immediato del discorso figurato di Gesù si trova naturalmente nell'Antico Testamento, in cui Dio stesso compare come il pastore di Israele. Questa immagine ha plasmato profondamente la pietà di Israele ed è diventata un messaggio di consolazione e di fiducia soprattutto nei periodi di calamità. Forse nel Salmo 23 è riassunta nel modo più bello questa pietà fiduciale: il Signore è il mio pastore - «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me» (v. 4). L'immagine di Dio pastore viene sviluppata più estesamente in Ezechiele, nei capitoli 34-37, la cui visione, recuperata con concretezza al presente, viene accolta nelle parabole sinottiche del pastore e nel discorso giovanneo del pastore come profezia dell'attività di Gesù. Di fronte ai pastori egoisti, che Ezechiele incontra e denuncia nel suo tempo, il profeta annuncia la promessa che Dio stesso cercherà le sue pecore e si occuperà di loro. «Le ritirerò dai popoli e le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra [...]. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. [...] Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte» (34,13.15- 16). Di fronte alla mormorazione dei farisei e degli scribi riguardo alla sua convivialità con i peccatori, il Signore racconta la parabola delle 99 pecore rimaste nell'ovile e dell'unica smarrita, alla ricerca della quale si mette il pastore per poi caricarsela sulle spalle tutto contento e riportarla a casa. Con questa parabola Gesù dice ai suoi avversari: Non avete letto la parola di Dio in Ezechiele? Io faccio solo ciò che Dio come vero pastore ha annunciato: andrò in cerca delle pecore perdute e ricondurrò all'ovile quelle smarrite.
    ancora più immediato vi risuona il discorso del pastore di Ezechiele: «Le condurrò in ottime pasture e il loro ovile sarà sui monti alti d'Israele...» (34,14). Ma che cosa significa tutto questo? Sappiamo di che cosa vivono le pecore; ma l'uomo di che cosa vive? I Padri hanno scorto nei monti d'Israele e nelle pasture sulle loro vette, dove vi sono ombra e acqua, un'immagine delle alture della Sacra Scrittura, del nutrimento dispensatore di vita della parola di Dio. E anche se questo non è il senso storico del testo, hanno, tuttavia, visto con ciò in fondo la cosa giusta e soprattutto hanno compreso Gesù stesso nel modo giusto. L'uomo vive della verità e dell'essere amato, dell'essere amato dalla Verità. Ha bisogno di Dio, del Dio che gli si avvicina e gli spiega il significato della vita, indicandogli così la via della vita.

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  3. PAPA FRANCESCO – DA OMELIE S. MARTA
    Il male non è definitivo, il Signore è sempre con noi
    E questo, ha detto, “è l’insegnamento di Gesù: chi si affida al Signore che è Pastore, non manca di nulla”. Anche se va per una valle oscura, ha soggiunto, “sa che il male è un male del momento, ma il male definitivo non ci sarà perché il Signore, ‘perché Tu sei con me. Il Tuo bastone e il Tuo vincastro mi danno sicurezza’”. Questa, ha sottolineato, “è una grazia” che dobbiamo chiedere: “Signore, insegnami ad affidarmi alle Tue mani, ad affidarmi alla Tua guida, anche nei momenti brutti, nei momenti oscuri, nel momento della morte”:
    “Ci farà bene, oggi, pensare alla nostra vita, ai problemi che abbiamo e chiedere la grazia di affidarci alle mani di Dio. Pensare a tanta gente che neppure ha un’ultima carezza al momento di morire. Tre giorni fa è morto uno, qui, sulla strada, un senzatetto: è morto di freddo. In piena Roma, una città con tutte le possibilità per aiutare. Perché, Signore? Neppure una carezza … Ma io mi affido, perché Tu non deludi”.

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