Antifona Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci dalle genti, perché ringraziamo il tuo nome santo: lodarti sarà la nostra gloria. (Sal 105,47)
Colletta Signore Dio nostro, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare tutti gli uomini con la carità di Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te.
Prima Lettura Ti ho stabilito profeta delle nazioni. Dal libro del profeta Geremìa Ger 1,4-5.17-19
Nei giorni del re Giosìa, mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni».
Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro.
Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 70 (71) R. La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso. Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami. R.
Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei! Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio. R.
Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza. Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno. R.
La mia bocca racconterà la tua giustizia, ogni giorno la tua salvezza. Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito e oggi ancora proclamo le tue meraviglie. R.
Seconda Lettura Rimangono la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di tutte è la carità. Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1Cor 12,31 - 13,13
Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza, la carità. Ma la più grande di tutte è la carità.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione. (Lc 4,18)
Alleluia.
Vangelo Gesù come Elìa ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei. Dal Vangelo secondo Luca Lc 4,21-30
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Parola del Signore.
PAROLE DEL SANTO PADRE La potenza di Gesù conferma l’autorevolezza del suo insegnamento. Egli non pronuncia solo parole, ma agisce. Così manifesta il progetto di Dio con le parole e con la potenza delle opere. Nel Vangelo, infatti, vediamo che Gesù, nella sua missione terrena, rivela l’amore di Dio sia con la predicazione sia con innumerevoli gesti di attenzione e soccorso ai malati, ai bisognosi, ai bambini, ai peccatori. (Angelus, 28 gennaio 2018)
OMELIA di S. Giov.Paolo II -GESÙ è il PROFETA dell’AMORE - di quell’AMORE che san Paolo confessa ed annunzia nelle parole così semplici e nello stesso tempo così profonde del brano tratto dalla lettera ai Corinzi. Per conoscere che cosa sia l’AMORE vero, quali siano le sue caratteristiche e qualità, bisogna guardare a GESÙ, alla sua vita ed alla sua condotta. Le parole non renderanno mai così bene la realtà dell’AMORE come la rende il suo modello vivo. Perfino parole, così perfette nella loro semplicità, come quelle della prima lettera ai Corinzi, sono soltanto l’immagine di tale realtà: di quella realtà, cioé, di cui troviamo il modello più completo nella vita e nel comportamento di GESÙ CRISTO. Non sono mancati e non mancano, nel susseguirsi delle generazioni, uomini e donne che hanno imitato efficacemente questo modello perfettissimo. Tutti siamo chiamati a fare lo stesso. GESÙ è venuto soprattutto per insegnarci l’AMORE. Esso costituisce il contenuto del più grande comandamento che egli ci ha lasciato. Se impareremo ad attuarlo, otterremo il nostro scopo: la vita eterna. L’AMORE, infatti, come insegna l’apostolo “non avrà mai fine”(1 Cor 13,8). Mentre altri CARISMI ed anche le virtù essenziali nella vita del cristiano finiscono insieme con la vita terrena e in questo modo passano, l’AMORE non passa, non ha mai fine. Esso costituisce proprio l’essenziale fondamento e contenuto della vita eterna. E perciò “più grande è la CARITÀ” (1 Cor 13,13). 4. Questa grande verità sull’AMORE, mediante la quale portiamo in noi il vero lievito della vita eterna nell’unione con Dio, deve essere da noi profondamente associata alla seconda verità della Liturgia di oggi: l’AMORE si acquista nella fatica spirituale. L’AMORE cresce in noi e si sviluppa anche tra le contraddizioni, tra le resistenze, che gli si oppongono dall’interno di ognuno di noi, e nello stesso tempo “dal di fuori”, tra le molteplici forze cioé che sono ad esso estranee e perfino ostili. Per questo san Paolo scrive che “la CARITÀ è paziente”. Non incontra essa forse in noi tanto spesso la resistenza della nostra impazienza, e perfino semplicemente della inavvertenza? Per amare bisogna saper “vedere” l’“altro”, bisogna saper “tener conto” di lui. Bisogna a volte “sopportarlo”. Se vediamo solo noi stessi, e l’“altro” “non esiste” per noi, siamo lontani dalla lezione dell’AMORE che CRISTO ci ha dato. “La CARITÀ è benigna”, noi leggiamo in seguito: non solo sa “vedere” l’“altro”, ma si apre verso di lui, lo cerca, gli va incontro. L’AMORE dona con larghezza e proprio questo vuol dire: “è benigno” (sull’esempio dell’AMORE di Dio stesso, che si esprime nella grazia)... E quanto spesso, tuttavia, noi ci chiudiamo nel guscio del nostro “io”, non sappiamo, non vogliamo, non cerchiamo di aprirci verso l’“altro”, di dargli qualcosa del nostro proprio “io”, oltrepassando i limiti del nostro ego-centrismo o addirittura dell’egoismo, e sforzandoci di diventare uomini, donne “per gli altri”, sull’esempio di CRISTO.
-->5. E così via di seguito, rileggendo la lezione di san Paolo sull’AMORE, e meditando il significato di ogni parola di cui l’apostolo si è servito per descrivere le caratteristiche di tale AMORE, noi tocchiamo i punti più importanti della nostra vita e della nostra convivenza con gli altri. Tocchiamo non solo i problemi personali o familiari, cioé quelli che hanno importanza nella piccola cerchia dei nostri rapporti interpersonali, ma tocchiamo anche i problemi sociali di primaria attualità. I tempi nei quali viviamo non costituiscono forse già una pericolosa lezione di ciò che può diventare la società e l’umanità, quando la verità evangelica sull’AMORE è ritenuta superata? quando essa viene emarginata dal modo di vedere il mondo e la vita, dall’ideologia? quando essa viene esclusa dall’educazione, dai mezzi di comunicazione sociale, dalla cultura, dalla politica? I tempi, nei quali viviamo, non sono diventati già una lezione sufficientemente minacciosa di quel che prepara un tale programma sociale? E tale lezione non potrà diventare ancor più minacciosa col passare del tempo? A questo proposito, non sono già abbastanza eloquenti gli atti di terrorismo che sempre si rinnovano, e la crescente tensione bellica nel mondo? Ogni uomo - e l’umanità intera - vive “tra” l’AMORE e l’ODIO. Se non accetta l’AMORE, l’ODIO troverà facilmente accesso nel suo cuore e comincerà ad invaderlo sempre di più, portando frutti sempre più velenosi.
BENEDETTO XVI - ANGELUS - Piazza San Pietro - Domenica, 31 gennaio 2010 Nella Liturgia di questa domenica si legge una delle pagine più belle del Nuovo Testamento e di tutta la Bibbia: il cosiddetto “inno alla CARITÀ” dell’apostolo Paolo (1 Cor 12,31-13,13). Nella sua Prima lettera ai Corinzi, dopo aver spiegato, con l’immagine del corpo, che i diversi doni dello SPIRITO SANTO concorrono al bene dell’unica Chiesa, Paolo mostra la “via” della perfezione. Questa – dice – non consiste nel possedere qualità eccezionali: parlare lingue nuove, conoscere tutti i misteri, avere una fede prodigiosa o compiere gesti eroici. Consiste invece nella CARITÀ – agape – cioè nell’AMORE autentico, quello che Dio ci ha rivelato in GESÙ CRISTO. La CARITÀ è il dono “più grande”, che dà valore a tutti gli altri, eppure “non si vanta, non si gonfia d’orgoglio”, anzi, “si rallegra della verità” e del bene altrui. Chi ama veramente “non cerca il proprio interesse”, “non tiene conto del male ricevuto”, “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (cfr 1 Cor 13,4-7). Alla fine, quando ci incontreremo faccia a faccia con Dio, tutti gli altri doni verranno meno; l’unico che rimarrà in eterno sarà la CARITÀ, perché Dio è AMORE e noi saremo simili a Lui, in comunione perfetta con Lui. Per ora, mentre siamo in questo mondo, la CARITÀ è il distintivo del cristiano. E’ la sintesi di tutta la sua vita: di ciò che crede e di ciò che fa. Per questo, all’inizio del mio pontificato, ho voluto dedicare la mia prima Enciclica proprio al tema dell’AMORE: Deus caritas est. Come ricorderete, questa Enciclica si compone di due parti, che corrispondono ai due aspetti della CARITÀ: il suo significato, e quindi la sua attuazione pratica. L’AMORE è l’essenza di Dio stesso, è il senso della creazione e della storia, è la luce che dà bontà e bellezza all’esistenza di ogni uomo. Al tempo stesso, l’AMORE è, per così dire, lo “stile” di Dio e dell’uomo credente, è il comportamento di chi, rispondendo all’AMORE di Dio, imposta la propria vita come dono di sé a Dio e al prossimo. In GESÙ CRISTO questi due aspetti formano una perfetta unità: Egli è l’AMORE incarnato. Questo AMORE ci è rivelato pienamente nel CRISTO crocifisso. Fissando lo sguardo su di Lui, possiamo confessare con l’apostolo Giovanni: “Noi abbiamo riconosciuto l’AMORE che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto” (cfr 1 Gv 4,16; Enc. Deus caritas est, 1).
PAPA FRANCESCO – ANGELUS - Piazza San Pietro - Domenica, 3 febbraio 2019 Domenica scorsa la Liturgia ci aveva proposto l’episodio della SINAGOGA di NAZARET, dove GESÙ legge un passo del PROFETA ISAIA e alla fine rivela che quelle parole si compiono “oggi”, in Lui. GESÙ si presenta come colui sul quale si è posato lo SPIRITO del Signore, lo SPIRITO SANTO che lo ha consacrato e lo ha mandato a compiere la missione di salvezza in favore dell’umanità. Il Vangelo di oggi (cfr Lc 4,21-30) è la prosecuzione di quel racconto e ci mostra lo stupore dei suoi concittadini nel vedere che uno del loro paese, «il figlio di GIUSEPPE» (v. 22), pretende di essere il CRISTO, l’inviato del Padre. GESÙ, con la sua capacità di penetrare le menti e i cuori, capisce subito che cosa pensano i suoi compaesani. Essi ritengono che, essendo Lui uno di loro, debba dimostrare questa sua strana “pretesa” facendo dei miracoli lì, a NAZARET, come ha fatto nei paesi vicini (cfr v. 23). Ma GESÙ non vuole e non può accettare questa logica, perché non corrisponde al piano di Dio: Dio vuole la fede, loro vogliono i miracoli, i segni; Dio vuole salvare tutti, e loro vogliono un MESSIA a proprio vantaggio. E per spiegare la logica di Dio, GESÙ porta l’esempio di due grandi PROFETI antichi: ELIA ed ELISEO, che Dio aveva mandato a guarire e salvare persone non ebree, di altri popoli, ma che si erano fidate della sua parola. Di fronte a questo invito ad aprire i loro cuori alla gratuità e alla universalità della salvezza, i cittadini di NAZARET si ribellano, e addirittura assumono un atteggiamento aggressivo, che degenera al punto che «si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero sul ciglio del monte […], per gettarlo giù» (v. 29). L’ammirazione del primo istante si è mutata in un’aggressione, una ribellione contro di Lui. E questo Vangelo ci mostra che il ministero pubblico di GESÙ comincia con un rifiuto e con una minaccia di morte, paradossalmente proprio da parte dei suoi concittadini. GESÙ, nel vivere la missione affidatagli dal Padre, sa bene che deve affrontare la fatica, il rifiuto, la persecuzione e la sconfitta. Un prezzo che, ieri come oggi, la profezia autentica è chiamata a pagare. Il duro rifiuto, però, non scoraggia GESÙ, né arresta il cammino e la fecondità della sua AZIONE PROFETICA. Egli va avanti per la sua strada (cfr v. 30), confidando nell’AMORE del Padre. Anche oggi, il mondo ha bisogno di vedere nei discepoli del Signore dei PROFETI, cioè delle persone coraggiose e perseveranti nel rispondere alla VOCAZIONE cristiana. Persone che seguono la “spinta” dello SPIRITO SANTO, che le manda ad annunciare speranza e salvezza ai poveri e agli esclusi; persone che seguono la logica della fede e non del miracolismo; persone dedicate al servizio di tutti, senza privilegi ed esclusioni. In poche parole: persone che si aprono ad accogliere in sé stesse la volontà del Padre e si impegnano a testimoniarla fedelmente agli altri. Preghiamo MARIA Santissima, perché possiamo crescere e camminare nello stesso ardore apostolico per il Regno di Dio che animò la missione di GESÙ.
FAUSTI - Egli si presenta come compimento della “Parola di Grazia”, che porta la benedizione di Dio e realizza la promessa. L'evangelista vuol fare incontrare il suo lettore con questa Parola di Grazia annunciata “Oggi”. Essa ha la sua radice nel passato- la promessa di Isaia e le figure di Elia e di Eliseo - e si attualizza “oggi”, nell'Oggi Eterno di Dio, che si è realizzato una volta per tutte in Gesù e si attualizza sempre ogni qualvolta la Parola è annunciata nel Suo Nome. Con Lui , è chiuso il tempo della promessa e si apre il tempo della realtà . Il tempo finalmente “è compiuto”. Gli occhi ormai sono fissi su di Lui, nel quale la Parola si fa carne e il libro si fa storia. E' il “Vangelo”, la Buona notizia che è venuto tra noi Colui che la realizza. Gli uditori di Gesù si trovano davanti a Colui che compie ogni promessa. Tutto il Vangelo di Luca sarà un ascolto della Sua Parola, che ci rende contemporanei a Lui ; nell'obbedienza della fede, entriamo nella salvezza. Gesù è l'ascoltatore perfetto che compie la Volontà del Padre : la Sua Parola in Lui si fa realtà e vita, Suo oggi. A sua volta, chi ascolta Gesù e fa la Sua Parola, si trova a vivere nello stesso oggi e diventa della Sua famiglia. Gesù, nel Suo annuncio potente, realizza la salvezza, che si rende contemporanea a chiunque l'ascolta. La Parola di Gesù è chiamata “Parola di Grazia”. In Lui la grazia e la benevolenza di Dio si sono rese visibili e operanti. Ma c'è uno scandalo insuperabile, che avrà come frutto la croce. Tale scandalo non sarebbe stato minore neanche se avessero saputo che Colui che credevano di conoscere non era il figlio di Giuseppe, bensì il Figlio di Dio ! Quel Dio che aveva promesso di salvare l'uomo perché lo ama, lo ha salvato assumendo la sua stessa carne. Non gli è bastato dare la Sua salvezza : ha dato Se stesso come Salvatore, unendosi alla Sua creatura. Questo l'uomo non lo può comprendere ; ma è disegno di Dio, che , essendo Amore, vuol liberamente unirsi all'amato. L'uomo può accettarlo solo nella fede, tenendo gli occhi meravigliati fissi su Gesù, compimento perfetto della Parola del Padre. Invece di aprirsi nella fede e lasciarsi coinvolgere nel dono di Dio, i Suoi si chiudono su ciò che conoscono di Lui e lo pretendono. La conoscenza e la pretesa della carne impediscono la fede. Questa è obbedire a Dio e seguirlo per conoscerlo , non è conoscerlo e addomesticarlo per farsi obbedire. Tale pretesa va contro l'essenza di Dio che è dono. Nessun dono può esser preteso, sarebbe distrutto. Il rifiuto di Gesù è lo stesso dei profeti, che hanno potuto operare solo là dove non c'era pretesa dell'intervento di Dio. Lì il dono ha trovato mani per essere accolto. Si prefigura la croce e la salvezza offerta a tutti, perché “ ogni carne vedrà la salvezza di Dio”. Gesù viene respinto dai suoi. Egli era pieno di Spirito Santo, i suoi sono pieni di collera. Nell'inizio c'è già il pronostico del finale. Ci si avvia alla Sua tumultuosa eliminazione, fuori dalla città, che il Vangelo racconta, e alla ripulsa del Suo annuncio, narrata dagli Atti. Nei “suoi” di Nazareth, più che Israele, sono da vedere ”i suoi “ di ogni tempo, e in concreto la Chiesa stessa dei gentili, alla quale Luca si rivolge. E' lo stesso “Oggi” da accogliere o rifiutare. Gesù, “passato in mezzo a loro, camminava”, attraversa miracolosamente la folla dei nemici. Non resta preda della cattiveria degli uomini. E' un presagio della Resurrezione di Colui che continua il Suo cammino in mezzo a noi, “beneficando e risanando tutti coloro che stanno sotto il potere di satana, perché Dio è con Lui” (Atti 10,38)
Antifona
RispondiEliminaSalvaci, Signore Dio nostro,
radunaci dalle genti,
perché ringraziamo il tuo nome santo:
lodarti sarà la nostra gloria. (Sal 105,47)
Colletta
Signore Dio nostro,
concedi a noi tuoi fedeli
di adorarti con tutta l’anima
e di amare tutti gli uomini con la carità di Cristo.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
Prima Lettura
Ti ho stabilito profeta delle nazioni.
Dal libro del profeta Geremìa
Ger 1,4-5.17-19
Nei giorni del re Giosìa, mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno,
ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni».
Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi,
àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti di fronte a loro,
altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro.
Ed ecco, oggi io faccio di te
come una città fortificata,
una colonna di ferro
e un muro di bronzo
contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese.
Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 70 (71)
R. La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami. R.
Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio. R.
Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno. R.
La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie. R.
Seconda Lettura
Rimangono la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di tutte è la carità.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1Cor 12,31 - 13,13
Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza, la carità. Ma la più grande di tutte è la carità.
Acclamazione al Vangelo
RispondiEliminaAlleluia, alleluia.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione. (Lc 4,18)
Alleluia.
Vangelo
Gesù come Elìa ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,21-30
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Parola del Signore.
PAROLE DEL SANTO PADRE
La potenza di Gesù conferma l’autorevolezza del suo insegnamento. Egli non pronuncia solo parole, ma agisce. Così manifesta il progetto di Dio con le parole e con la potenza delle opere. Nel Vangelo, infatti, vediamo che Gesù, nella sua missione terrena, rivela l’amore di Dio sia con la predicazione sia con innumerevoli gesti di attenzione e soccorso ai malati, ai bisognosi, ai bambini, ai peccatori. (Angelus, 28 gennaio 2018)
OMELIA di S. Giov.Paolo II -GESÙ è il PROFETA dell’AMORE - di quell’AMORE che san Paolo confessa ed annunzia nelle parole così semplici e nello stesso tempo così profonde del brano tratto dalla lettera ai Corinzi. Per conoscere che cosa sia l’AMORE vero, quali siano le sue caratteristiche e qualità, bisogna guardare a GESÙ, alla sua vita ed alla sua condotta. Le parole non renderanno mai così bene la realtà dell’AMORE come la rende il suo modello vivo. Perfino parole, così perfette nella loro semplicità, come quelle della prima lettera ai Corinzi, sono soltanto l’immagine di tale realtà: di quella realtà, cioé, di cui troviamo il modello più completo nella vita e nel comportamento di GESÙ CRISTO.
RispondiEliminaNon sono mancati e non mancano, nel susseguirsi delle generazioni, uomini e donne che hanno imitato efficacemente questo modello perfettissimo. Tutti siamo chiamati a fare lo stesso. GESÙ è venuto soprattutto per insegnarci l’AMORE. Esso costituisce il contenuto del più grande comandamento che egli ci ha lasciato. Se impareremo ad attuarlo, otterremo il nostro scopo: la vita eterna. L’AMORE, infatti, come insegna l’apostolo “non avrà mai fine”(1 Cor 13,8). Mentre altri CARISMI ed anche le virtù essenziali nella vita del cristiano finiscono insieme con la vita terrena e in questo modo passano, l’AMORE non passa, non ha mai fine. Esso costituisce proprio l’essenziale fondamento e contenuto della vita eterna. E perciò “più grande è la CARITÀ” (1 Cor 13,13).
4. Questa grande verità sull’AMORE, mediante la quale portiamo in noi il vero lievito della vita eterna nell’unione con Dio, deve essere da noi profondamente associata alla seconda verità della Liturgia di oggi: l’AMORE si acquista nella fatica spirituale. L’AMORE cresce in noi e si sviluppa anche tra le contraddizioni, tra le resistenze, che gli si oppongono dall’interno di ognuno di noi, e nello stesso tempo “dal di fuori”, tra le molteplici forze cioé che sono ad esso estranee e perfino ostili.
Per questo san Paolo scrive che “la CARITÀ è paziente”. Non incontra essa forse in noi tanto spesso la resistenza della nostra impazienza, e perfino semplicemente della inavvertenza? Per amare bisogna saper “vedere” l’“altro”, bisogna saper “tener conto” di lui. Bisogna a volte “sopportarlo”. Se vediamo solo noi stessi, e l’“altro” “non esiste” per noi, siamo lontani dalla lezione dell’AMORE che CRISTO ci ha dato.
“La CARITÀ è benigna”, noi leggiamo in seguito: non solo sa “vedere” l’“altro”, ma si apre verso di lui, lo cerca, gli va incontro. L’AMORE dona con larghezza e proprio questo vuol dire: “è benigno” (sull’esempio dell’AMORE di Dio stesso, che si esprime nella grazia)... E quanto spesso, tuttavia, noi ci chiudiamo nel guscio del nostro “io”, non sappiamo, non vogliamo, non cerchiamo di aprirci verso l’“altro”, di dargli qualcosa del nostro proprio “io”, oltrepassando i limiti del nostro ego-centrismo o addirittura dell’egoismo, e sforzandoci di diventare uomini, donne “per gli altri”, sull’esempio di CRISTO.
-->5. E così via di seguito, rileggendo la lezione di san Paolo sull’AMORE, e meditando il significato di ogni parola di cui l’apostolo si è servito per descrivere le caratteristiche di tale AMORE, noi tocchiamo i punti più importanti della nostra vita e della nostra convivenza con gli altri. Tocchiamo non solo i problemi personali o familiari, cioé quelli che hanno importanza nella piccola cerchia dei nostri rapporti interpersonali, ma tocchiamo anche i problemi sociali di primaria attualità.
RispondiEliminaI tempi nei quali viviamo non costituiscono forse già una pericolosa lezione di ciò che può diventare la società e l’umanità, quando la verità evangelica sull’AMORE è ritenuta superata? quando essa viene emarginata dal modo di vedere il mondo e la vita, dall’ideologia? quando essa viene esclusa dall’educazione, dai mezzi di comunicazione sociale, dalla cultura, dalla politica?
I tempi, nei quali viviamo, non sono diventati già una lezione sufficientemente minacciosa di quel che prepara un tale programma sociale?
E tale lezione non potrà diventare ancor più minacciosa col passare del tempo?
A questo proposito, non sono già abbastanza eloquenti gli atti di terrorismo che sempre si rinnovano, e la crescente tensione bellica nel mondo? Ogni uomo - e l’umanità intera - vive “tra” l’AMORE e l’ODIO. Se non accetta l’AMORE, l’ODIO troverà facilmente accesso nel suo cuore e comincerà ad invaderlo sempre di più, portando frutti sempre più velenosi.
BENEDETTO XVI - ANGELUS - Piazza San Pietro - Domenica, 31 gennaio 2010
RispondiEliminaNella Liturgia di questa domenica si legge una delle pagine più belle del Nuovo Testamento e di tutta la Bibbia: il cosiddetto “inno alla CARITÀ” dell’apostolo Paolo (1 Cor 12,31-13,13). Nella sua Prima lettera ai Corinzi, dopo aver spiegato, con l’immagine del corpo, che i diversi doni dello SPIRITO SANTO concorrono al bene dell’unica Chiesa, Paolo mostra la “via” della perfezione. Questa – dice – non consiste nel possedere qualità eccezionali: parlare lingue nuove, conoscere tutti i misteri, avere una fede prodigiosa o compiere gesti eroici. Consiste invece nella CARITÀ – agape – cioè nell’AMORE autentico, quello che Dio ci ha rivelato in GESÙ CRISTO. La CARITÀ è il dono “più grande”, che dà valore a tutti gli altri, eppure “non si vanta, non si gonfia d’orgoglio”, anzi, “si rallegra della verità” e del bene altrui. Chi ama veramente “non cerca il proprio interesse”, “non tiene conto del male ricevuto”, “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (cfr 1 Cor 13,4-7). Alla fine, quando ci incontreremo faccia a faccia con Dio, tutti gli altri doni verranno meno; l’unico che rimarrà in eterno sarà la CARITÀ, perché Dio è AMORE e noi saremo simili a Lui, in comunione perfetta con Lui.
Per ora, mentre siamo in questo mondo, la CARITÀ è il distintivo del cristiano. E’ la sintesi di tutta la sua vita: di ciò che crede e di ciò che fa. Per questo, all’inizio del mio pontificato, ho voluto dedicare la mia prima Enciclica proprio al tema dell’AMORE: Deus caritas est. Come ricorderete, questa Enciclica si compone di due parti, che corrispondono ai due aspetti della CARITÀ: il suo significato, e quindi la sua attuazione pratica. L’AMORE è l’essenza di Dio stesso, è il senso della creazione e della storia, è la luce che dà bontà e bellezza all’esistenza di ogni uomo. Al tempo stesso, l’AMORE è, per così dire, lo “stile” di Dio e dell’uomo credente, è il comportamento di chi, rispondendo all’AMORE di Dio, imposta la propria vita come dono di sé a Dio e al prossimo. In GESÙ CRISTO questi due aspetti formano una perfetta unità: Egli è l’AMORE incarnato. Questo AMORE ci è rivelato pienamente nel CRISTO crocifisso. Fissando lo sguardo su di Lui, possiamo confessare con l’apostolo Giovanni: “Noi abbiamo riconosciuto l’AMORE che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto” (cfr 1 Gv 4,16; Enc. Deus caritas est, 1).
PAPA FRANCESCO – ANGELUS - Piazza San Pietro - Domenica, 3 febbraio 2019
RispondiEliminaDomenica scorsa la Liturgia ci aveva proposto l’episodio della SINAGOGA di NAZARET, dove GESÙ legge un passo del PROFETA ISAIA e alla fine rivela che quelle parole si compiono “oggi”, in Lui. GESÙ si presenta come colui sul quale si è posato lo SPIRITO del Signore, lo SPIRITO SANTO che lo ha consacrato e lo ha mandato a compiere la missione di salvezza in favore dell’umanità. Il Vangelo di oggi (cfr Lc 4,21-30) è la prosecuzione di quel racconto e ci mostra lo stupore dei suoi concittadini nel vedere che uno del loro paese, «il figlio di GIUSEPPE» (v. 22), pretende di essere il CRISTO, l’inviato del Padre.
GESÙ, con la sua capacità di penetrare le menti e i cuori, capisce subito che cosa pensano i suoi compaesani. Essi ritengono che, essendo Lui uno di loro, debba dimostrare questa sua strana “pretesa” facendo dei miracoli lì, a NAZARET, come ha fatto nei paesi vicini (cfr v. 23). Ma GESÙ non vuole e non può accettare questa logica, perché non corrisponde al piano di Dio: Dio vuole la fede, loro vogliono i miracoli, i segni; Dio vuole salvare tutti, e loro vogliono un MESSIA a proprio vantaggio. E per spiegare la logica di Dio, GESÙ porta l’esempio di due grandi PROFETI antichi: ELIA ed ELISEO, che Dio aveva mandato a guarire e salvare persone non ebree, di altri popoli, ma che si erano fidate della sua parola.
Di fronte a questo invito ad aprire i loro cuori alla gratuità e alla universalità della salvezza, i cittadini di NAZARET si ribellano, e addirittura assumono un atteggiamento aggressivo, che degenera al punto che «si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero sul ciglio del monte […], per gettarlo giù» (v. 29). L’ammirazione del primo istante si è mutata in un’aggressione, una ribellione contro di Lui.
E questo Vangelo ci mostra che il ministero pubblico di GESÙ comincia con un rifiuto e con una minaccia di morte, paradossalmente proprio da parte dei suoi concittadini. GESÙ, nel vivere la missione affidatagli dal Padre, sa bene che deve affrontare la fatica, il rifiuto, la persecuzione e la sconfitta. Un prezzo che, ieri come oggi, la profezia autentica è chiamata a pagare. Il duro rifiuto, però, non scoraggia GESÙ, né arresta il cammino e la fecondità della sua AZIONE PROFETICA. Egli va avanti per la sua strada (cfr v. 30), confidando nell’AMORE del Padre.
Anche oggi, il mondo ha bisogno di vedere nei discepoli del Signore dei PROFETI, cioè delle persone coraggiose e perseveranti nel rispondere alla VOCAZIONE cristiana. Persone che seguono la “spinta” dello SPIRITO SANTO, che le manda ad annunciare speranza e salvezza ai poveri e agli esclusi; persone che seguono la logica della fede e non del miracolismo; persone dedicate al servizio di tutti, senza privilegi ed esclusioni. In poche parole: persone che si aprono ad accogliere in sé stesse la volontà del Padre e si impegnano a testimoniarla fedelmente agli altri.
Preghiamo MARIA Santissima, perché possiamo crescere e camminare nello stesso ardore apostolico per il Regno di Dio che animò la missione di GESÙ.
FAUSTI - Egli si presenta come compimento della “Parola di Grazia”, che porta la benedizione di Dio e realizza la promessa. L'evangelista vuol fare incontrare il suo lettore con questa Parola di Grazia annunciata “Oggi”.
RispondiEliminaEssa ha la sua radice nel passato- la promessa di Isaia e le figure di Elia e di Eliseo - e si attualizza “oggi”, nell'Oggi Eterno di Dio, che si è realizzato una volta per tutte in Gesù e si attualizza sempre ogni qualvolta la Parola è annunciata nel Suo Nome.
Con Lui , è chiuso il tempo della promessa e si apre il tempo della realtà .
Il tempo finalmente “è compiuto”. Gli occhi ormai sono fissi su di Lui, nel quale la Parola si fa carne e il libro si fa storia. E' il “Vangelo”, la Buona notizia che è venuto tra noi Colui che la realizza. Gli uditori di Gesù si trovano davanti a Colui che compie ogni promessa.
Tutto il Vangelo di Luca sarà un ascolto della Sua Parola, che ci rende contemporanei a Lui ; nell'obbedienza della fede, entriamo nella salvezza.
Gesù è l'ascoltatore perfetto che compie la Volontà del Padre : la Sua Parola in Lui si fa realtà e vita, Suo oggi. A sua volta, chi ascolta Gesù e fa la Sua Parola, si trova a vivere nello stesso oggi e diventa della Sua famiglia. Gesù, nel Suo annuncio potente, realizza la salvezza, che si rende contemporanea a chiunque l'ascolta.
La Parola di Gesù è chiamata “Parola di Grazia”. In Lui la grazia e la benevolenza di Dio si sono rese visibili e operanti. Ma c'è uno scandalo insuperabile, che avrà come frutto la croce.
Tale scandalo non sarebbe stato minore neanche se avessero saputo che Colui che credevano di conoscere non era il figlio di Giuseppe, bensì il Figlio di Dio !
Quel Dio che aveva promesso di salvare l'uomo perché lo ama, lo ha salvato assumendo la sua stessa carne. Non gli è bastato dare la Sua salvezza : ha dato Se stesso come Salvatore, unendosi alla Sua creatura. Questo l'uomo non lo può comprendere ; ma è disegno di Dio, che , essendo Amore, vuol liberamente unirsi all'amato. L'uomo può accettarlo solo nella fede, tenendo gli occhi meravigliati fissi su Gesù, compimento perfetto della Parola del Padre.
Invece di aprirsi nella fede e lasciarsi coinvolgere nel dono di Dio, i Suoi si chiudono su ciò che conoscono di Lui e lo pretendono. La conoscenza e la pretesa della carne impediscono la fede.
Questa è obbedire a Dio e seguirlo per conoscerlo , non è conoscerlo e addomesticarlo per farsi obbedire. Tale pretesa va contro l'essenza di Dio che è dono.
Nessun dono può esser preteso, sarebbe distrutto.
Il rifiuto di Gesù è lo stesso dei profeti, che hanno potuto operare solo là dove non c'era pretesa dell'intervento di Dio. Lì il dono ha trovato mani per essere accolto.
Si prefigura la croce e la salvezza offerta a tutti, perché “ ogni carne vedrà la salvezza di Dio”.
Gesù viene respinto dai suoi. Egli era pieno di Spirito Santo, i suoi sono pieni di collera.
Nell'inizio c'è già il pronostico del finale.
Ci si avvia alla Sua tumultuosa eliminazione, fuori dalla città, che il Vangelo racconta, e alla ripulsa del Suo annuncio, narrata dagli Atti.
Nei “suoi” di Nazareth, più che Israele, sono da vedere ”i suoi “ di ogni tempo, e in concreto la Chiesa stessa dei gentili, alla quale Luca si rivolge. E' lo stesso “Oggi” da accogliere o rifiutare.
Gesù, “passato in mezzo a loro, camminava”, attraversa miracolosamente la folla dei nemici.
Non resta preda della cattiveria degli uomini.
E' un presagio della Resurrezione di Colui che continua il Suo cammino in mezzo a noi, “beneficando e risanando tutti coloro che stanno sotto il potere di satana, perché Dio è con Lui” (Atti 10,38)