mercoledì 20 gennaio 2016

C - 3 DOM.T.O.


3 commenti:

  1. D.D. La prima lettura e il Vangelo ci presentano due momenti di preghiera incentrati su l'ascolto della Parola di Dio. La prima lettura tratta dal libro di Neemia ( 8,2-10) ,parla degli Ebrei che son tornati dall'esilio babilonese e si ritrovano come popolo a pregare. Bello. Ogni tanto bisogna sognare nella fede. Che bello sarebbe che Netanyahu riunisse tutto Israele, ascoltassero la Parola di Dio e poi dicessero : adesso vediamo cosa fare con i palestinesi . I miei sogni di fede sono questi. Spero anche i vostri.
    Si legge la Parola di Dio e abbiamo udito :”Tutto il popolo piangeva “. piange perché la Parola di Dio invita a chiedere perdono.
    Si piange anche perché ascoltare la parola di Dio è indice di consolazione.
    Vedete,è una Parola che non si ferma alla sola intelligenza, ma che dall'intelligenza passa al cuore e svuota i sentimenti.
    E' il percorso di ogni parola importante.
    Quando qualcuno ci parla, ci vuole bene, la sua parola investe tutta la nostra persona : mente, cuore, volontà. A volte questa parola può essere avvertita come correttiva, altre volte consolante, ma sempre vera, perché giunge da una fonte non solo intellettuale ma, nel caso della parola di Dio, arriva sempre da un amore più grande.
    Se guardiamo con onestà alla nostra fede, alla mia fede, possiamo notare che la parola di Dio non solo non ci fa piangere, ma sovente si ferma al vaglio della nostra intelligenza critica, che non solo accoglie ciò che può capire, ma tante volte sbarra la strada a tutto ciò che non entra nei nostri schemi.
    Sentiamo, e qualche volta possiamo pensare , che Dio abbia in questa Parola espresso delle sue opinioni; che sono di Dio, per carità. Noi abbiamo le nostre opinioni.
    Ma ricordiamoci, fratelli e sorelle , che Dio non è opinionista.
    Si ascolta la Parola e si piange, ma non tanto pianto emotivo che sgorga dalle emozioni, ma pianto di fede. Si può piangere nella fede anche quando siamo interiormente aridi.
    Insomma, abbiamo letto una Parola, è Dio che ha parlato in modo personalissimo ad ognuno di noi. Ma vi immaginate una cosa più grande? Ve la immaginate una cosa più importante?
    Dio ha parlato ancora una volta personalmente a ciascuno di noi. Ma un pianto di fede, ci dovrà essere, no? O altrimenti siamo condannati a un'aridità.

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  2. D.D. Ed eccoci a Nazaret. Adesso la Parola di Dio che si ascolta diventa una Parola che si vede.
    E le cose si possono ulteriormente complicare perché un conto è ascoltare una parola che arriva da lontano, da Dio. Ma Dio non lo vedi. Altra cosa è quando questa Parola si presenta vestita di umanità.
    Parola che è dentro a un corpo. Parola che ha il volto dell'altro.
    Gesù sa benissimo che corre dei rischi. Infatti lo vorranno poi uccidere fra pochi minuti.
    Ma non si ferma e rivela la sua identità.
    Le parole sono poche , ma dicono tutto.
    Gesù è in sinagoga di sabato. Sta pregando con tutti gli altri. Prende il libro di Isaia che gli porgono e legge . “ Lo Spirito del Signore è sopra di me, e mi ha mandato a portare il Vangelo ai poveri, a proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi”. E poi la rivelazione, la brevissima omelia di gesù : Gesù si siede. Tutti lo guardano. E lui : “ Oggi si è compiuta questa scrittura”. Io sono colui di cui si parlava. Sono venuto a dirvi cosa vuol dire amare nel concreto delle nostre relazioni umane.
    E Gesù vivrà la Parola di Dio letta in perfetta coerenza con l'amore annunciato , perché è Gesù l'amore incarnato.
    Domanda . Va tutto bene, na adesso? Perché continuano a esserci i poveri. Stanno aumentando, lo sapete. Gli oppressi pure. I prigionieri anche.
    I ciechi come gli smarriti di cuore che non sanno dove andare. Non si contano più. Anche se tutti dicono di vederci benissimo.
    E' tutto finito con Gesù? Per niente. Perché adesso entriamo in gioco noi.
    Nulla si potrà fare senza Gesù, ma Cristo nulla farà senza di noi. Questa è stata la scelta di Dio.

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  3. --->Paolo nella seconda lettura(1 Cor.12,12-30) , in quelle poche parole che abbiamo udite, mette a fuoco questa verità ;”Voi siete il corpo di Cristo e le sue membra”. Ognuno secondo la sua storia e la sua vocazione. La mia fede dovrà fare i conti tutti i giorni con due realtà.
    La prima, la parola di Dio mi coinvolge, Dio mi parla a livello personale. Devo fare i conti con questa parola che non è mia. Non mi rivolgo a me stesso.
    La seconda realtà con la quale la mia fede deve misurarsi è il volto del prossimo.
    Un grande filosofo ebreo, Levinas, ha scritto . La prossimità dell'altro è la mia responsabilità per lui. Farsi prossimo significa essere custode del proprio fratello. Ed essere custode del proprio fratello significa essere il suo ostaggio.
    Il volto dell'altro non mi permette di dire altre cose . Dopo di lei, signore, dopo di lei, signora. Non soltanto come forma di cortesia, ma come sostanza della nostra fede.
    Levinas non era un cristiano, ma ha detto delle parole secondo me tra le più forti che la filosofia contemporanea abbia detto. Il volto dell'altro mi inchioda, non posso scappare.
    Questo è il Vangelo che dobbiamo annunciare con la forza di Gesù intrecciata alla nostra decisione. I poveri, gli oppressi, i prigionieri, i ciechi, li incontriamo tutti i santi giorni.
    E che faremo? Con Gesù possiamo soltanto dire : oggi si è compiuta questa scrittura.
    Non tirarmi indietro. Siamo corpo di Cristo. Non tutti siamo le mani, i piedi, cuore, testa, ognuno per la sua parte deve portare avanti ciò che Gesù ha iniziato e che in ogni Eucaristia ci chiederà.

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