giovedì 15 settembre 2016

C - 25 DOM.T.O.


1 commento:

  1. S. FAUSTI – La parabola del cap. 15 dice quanto fa per noi Colui che è benevolo con tutti i disgraziati e i cattivi. Questa risponde alla domanda .”Che fare” noi, chiamati a diventare come Lui?
    La risposta è implicita nei due termini usati per indicare Dio e l'uomo, chiamati rispettivamente il Signore e l'amministratore.
    Ma l'uomo è un amministratore ingiusto, perché si è fatto padrone di ciò che non è suo.
    Però ora conosce Dio : sa che tutto dona e tutto perdona. Di conseguenza sa “che fare” anche lui . Condonare ciò che in fondo non è suo. La scena si svolge ancora a quella mensa dove Gesù mangia con i peccatori . Dopo aver rivelato il cuore del Padre ai “giusti” che lo criticano, ora rivela ai discepoli l'uso corretto dei beni del mondo.
    Chi conosce il giudizio di Dio in Gesù non è più come il proprietario insipiente , che sbaglia nel sapere “che fare” Illuminato dalla sapienza del Vangelo , è come l'amministratore fedele e sapiente associato alla gloria del suo Signore. Il centro del brano è l'elogio dell'amministratore , che sfocia
    nell'esortazione ad agire come lui. La parabola ci insegna che anche i beni materiali vanno gestiti per quel che sono, secondo la loro natura di dono.
    Luca sa che quel che abbiamo accumulato è frutto di ingiustizia ; non l' abbiamo fatto propriamente per puro amore di Dio e del prossimo.
    Sa anche che continuiamo a vivere in un mondo che avanza sullo stesso binario.
    In tale situazione siamo chiamati a vivere con il criterio opposto a quello dell'egoismo.
    Abbiamo capito “che fare” : i beni sono un dono del Padre da condividere tra i fratelli.
    Questa parabola sconcerta un poco lettori e commentatori . Sembra oscura.
    In realtà è chiara : il Signore elogiò l'amministratore sapiente che cominciò a donare , come biasimò la stoltezza del padrone insipiente che continuò ad accumulare.
    Il racconto è probabilmente desunto da un fatto di cronaca : un amministratore ,accusato dalla sua avidità eccessiva ormai insostenibile , trova conveniente iniziare un nuovo tipo di rapporto, quello del dono.
    Gli è necessario per vivere quando sarà finita la sua amministrazione .
    Tale astuzia di uno dei figli di questo mondo, ci svela la vera sapienza che manca ai cosiddetti figli della luce e illustra il tema della misericordia , caro a Luca : a chi perdona, sarà perdonato, a chi dà, sarà dato . Sappiamo inoltre che la carità copre una moltitudine di peccati, perché chi dona al povero, fa un prestito a Dio (Pr 19,17). Per questo “meglio è praticare l'elemosina che mettere da parte oro”. Infatti “salva dalla morte e purifica da ogni peccato” (Tb 12,9).
    La fede in Dio si gioca nella fedeltà in ciò che Egli ci ha affidato.
    C'è una falsa astuzia che fa porre la fiducia, invece che nel Creatore, nelle creature.
    E' una perversione che fa dei mezzi il fine , e ci riduce a servire a essi invece di servircene.
    La vera astuzia è di chi sa che tutto ciò che c'è , è dono di Dio, ed è un mezzo per entrare in comunione col Padre e con i fratelli. Per questo vive in rendimento di grazie e in spirito di condivisione .Il fallimento dell'uomo consiste nell'amare ciò che non è l'oggetto del suo cuore.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.