S. FAUSTI – Gesù lava i piedi non prima, ma durante la cena. Non è quindi la purificazione per il pasto . È il centro del “suo” pasto. Questo conferisce al gesto un significato specifico di anticipo della “sua” Pasqua. Il Suo atto illustra la vita nuova che comunica ai fratelli. Lavare i piedi e dare il boccone a Giuda, con il comando dell'amore reciproco, sostituiscono in Giovanni il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia. Non si spoglia solo del mantello, ma delle vesti : come sulla croce, dove ci dona se stesso E' il Pastore bello che depone la sua vita a favore delle pecore. “Preso un telo” : insieme grembiule e asciugatoio, diventa la sua veste definitiva : quella del servo. La Sua nudità è rivestita di servizio. In esso consiste la Gloria del Dio Amore : è la Sua vera veste , che l'uomo Gesù, nella sua morte, assume in modo definitivo. Il Suo servizio , che gli fa deporre le vesti e lo conduce alla croce, va oltre la stessa tomba : è amore che vince la morte , Gloria del Signore della vita, che sempre continuerà a lavare i piedi. Dio nel mar Rosso rivelò la sua Gloria affogando i nemici e salvando il Suo popolo. Ora rivela la Sua Gloria dando la vita per i nemici. Questa è la Sua Pasqua : il passaggio del mar Rosso è in un catino d'acqua che non affoga nessuno, se non Colui che salva tutti. Ciò che Gesù ora fa è il principio del mondo nuovo . Ciò che Lui cominciò e ciò che noi continueremo a fare. I piedi servono per camminare, per cambiare luogo. Il luogo è diverso per ciascuno, lasciato alla nostra libertà. Necessariamente vivo “ora” , liberamente scelgo di vivere “qui” e non altrove. Con i piedi fuggo da ciò che temo, e vado verso ciò che desidero. L'uomo è sempre viator, pellegrino o fuggiasco. Ogni cammino è infine verso casa. E la casa dove abito, è il luogo dove sono accolto e amato. Altrimenti fuggo e vado errando. La casa di ognuno è chi lo ama. E chiunque ama è casa dell'amato. La Pasqua definitiva che ci porta a casa, è l'amore del Figlio che lava i piedi dei fratelli, perchè camminino come Lui ha camminato. Così, passando da questo mondo al Padre, li fa uscire con lui dalla schiavitù per tornare, nella libertà di figli, a Colui dal quale, per inganno, erano fuggiti.Questo è l'Esodo in cui Dio rivela la Sua Gloria e vince ogni nemico dell'uomo, compreso il nemico ultimo, la morte. Infatti chi ama i fratelli è passato dalla morte alla vita.(1Gv 3,14). Quanto Maria ha fatto per Gesù a Betania corrisponde a ciò che Gesù fa per i suoi discepoli nel Cenacolo. Con l'anticipazione tipica di chi ama , essa ha risposto all'amore con l'amore. Pietro reagisce perchè non capisce. Si oppone a Gesù come dopo la prima predizione della sua morte e resurrezione.
Per lui il Cristo, Maestro e Signore, deve esigere da tutti ospitalità e accoglienza , intimità e riverenza. Egli invece è l'Altro, il solo che fa agli altri ciò che ognuno di noi esige da loro. Pietro non accetta che Gesù lo serva , come non accetta che il Signore dia la vita per lui; preferisce darla lui per il Signore. Egli pensa che il Signore stia sopra tutti per dominare, non sotto tutti per servire. Ignora che il primo è l'ultimo e servo di tutti. Non accettare il suo servizio è rifiutare Lui e non conoscere la gloria che Lui ha prima della fondazione del mondo: l'amore stesso del Padre. Accettare lui che “lava i piedi” ci dona la capacità di amare come Lui ci ha amati, di aver parte alla sua vita di Figlio. L'andarsene di Gesù ci apre la nostra dimora nella casa del Padre. Ci dona infatti il Suo stesso amore di Figlio. Per questo il Suo andarsene da noi è in realtà un venire pienamente incontro a noi. L'espressione “di nuovo vengo” non indica la Sua venuta alla fine dei tempi, ma la sua venuta imminente, quando tra poco, elevato da terra, attirerà tutti a sé (12,32). Allora ci “riceverà” con sé. La Sua venuta tra noi è ormai quella dell'amore. Questa e nessun altra è la via.Il tema della vita e della luce, fin qui dominante nel Vangelo, sfocia in quello dell'amore. E l'amore, luce vera della vita, si realizza non nelle parole o con la lingua , ma nella verità dei fatti., nell'essere a servizio gli uni degli altri.La beatitudine è fare queste cose. Ma nessuno può farle se prima non le conosce. Uno fa ciò che sa. Noi, come Pietro, ancora non le sappiamo, né le facciamo; vorremmo che neppure il Signore le facesse. “Queste cose” ci sono dette adesso, perchè dopo, quando saranno accadute, le possiamo comprendere. Come un ritornello martellante, il pensiero di Gesù ricorre a Giuda, che non partecipa a questa beatitudine. E' la sua preoccupazione di fondo : come salvare il fratello perduto? Gesù, il Figlio che conosce l'amore del Padre, conosce anche il proprio amore per i fratelli che ha scelto. La Sua elezione non esclude nessuno, altrimenti non sarebbe Figlio del Padre di tutti.
Antifona Non ci sia per noi altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati. (Cf. Gal 6,14)
Si dice il Gloria. Mentre si canta l’inno, si suonano le campane che, una volta terminato, non si suoneranno più fino al Gloria della Veglia Pasquale, a meno che il vescovo diocesano, secondo l’opportunità, non stabilisca diversamente. Inoltre, durante questo stesso tempo, l’organo o altri strumenti musicali possono essere utilizzati soltanto per sostenere il canto.
Colletta O Dio, che ci hai riuniti per celebrare la santa Cena nella quale il tuo unico Figlio, prima di consegnarsi alla morte, affidò alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore, fa’ che dalla partecipazione a così grande mistero attingiamo pienezza di carità e di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura Prescrizioni per la cena pasquale. Dal libro dell'Èsodo Es 12,1-8.11-14
In quei giorni, il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d'Egitto: «Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta la comunità d'Israele e dite: "Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l'agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con àzzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d'Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d'Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell'Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d'Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne"».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 115 (116) R. Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza. Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. R.
Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. Io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene. R.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo. R.
Seconda Lettura Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore. Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1Cor 11,23–26
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Acclamazione al Vangelo Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!
Vangelo Li amò sino alla fine. Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 13,1-15
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
PAPA FRAMCESCO - GIOVEDI SANTO 2021 Il Vangelo ci presenta un cambiamento di sentimenti nelle persone che ascoltano il Signore. Il cambiamento è drammatico e ci mostra quanto la persecuzione e la Croce sono legate all’annuncio del Vangelo. L’ammirazione suscitata dalle parole di grazia che uscivano dalla bocca di Gesù durò poco nell’animo della gente di Nazaret. Una frase che qualcuno mormorò a bassa voce: “Ma questo chi è? Il figlio di Giuseppe?” (cfr Lc 4,22). Quella frase si “viralizzò” insidiosamente. E tutti: “Ma chi è questo? Non è il figlio di Giuseppe?”.
Si tratta di una di quelle frasi ambigue che si lasciano cadere di passaggio. Uno la può usare per esprimere con gioia: “Che meraviglia che uno di origini così umili parli con questa autorità!”. E un altro può usarla per dire con disprezzo: “E questo da dove è uscito? Chi crede di essere?”. Se ci facciamo caso, la frase si ripete quando gli Apostoli, nel giorno di Pentecoste, pieni di Spirito Santo cominciano a predicare il Vangelo. Qualcuno disse: «Tutti costoro che parlano non sono forse i Galilei?» (At 2,7). E mentre alcuni accolsero la Parola, altri li presero per ubriachi.
Formalmente sembrerebbe che si lasciasse aperta una scelta ma, se consideriamo gli effetti, in quel contesto concreto, queste parole contenevano un germe di violenza che si è scatenata contro Gesù.
Si tratta di una “frase trainante”,[1] come quando uno dice: “Questo è troppo!” e aggredisce l’altro oppure se ne va.
Il Signore, che a volte faceva silenzio o se ne andava all’altra riva, questa volta non rinunciò a commentare, ma smascherò la logica maligna che si nascondeva sotto l’apparenza di un semplice pettegolezzo di paese. «Voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!» (Lc 4,23). “Cura te stesso…”.
“Che salvi se stesso”. Qui sta il veleno! È la stessa frase che seguirà il Signore fino alla Croce: «Ha salvato altri! Salvi se stesso» (Lc 23,35); “e salvi anche noi”, aggiungerà uno dei due ladroni (cfr v. 39).
-->Il Signore, come sempre, non dialoga con lo spirito maligno, risponde soltanto con la Scrittura. Nemmeno i profeti Elia ed Eliseo furono accettati dai loro compatrioti e invece lo furono da parte di una vedova fenicia e di un siro malato di lebbra: due stranieri, due persone di altra religione. I fatti colpiscono nel segno e provocano l’effetto che aveva profetizzato Simeone, quell’anziano carismatico: che Gesù sarebbe stato «segno di contraddizione» (semeion antilegomenon) (Lc 2,34).[2]
La parola di Gesù ha il potere di far uscire alla luce ciò che uno porta nel cuore, che di solito è un miscuglio, come il grano e la zizzania. E questo provoca combattimento spirituale. Vedendo i gesti di misericordia sovrabbondante del Signore e ascoltando le sue beatitudini e i “guai a voi!” del Vangelo, ci si trova obbligati a discernere e a scegliere. In questo caso la sua parola non fu accolta e questo fece sì che la folla, accesa d’ira, tentasse di togliergli la vita. Ma non era ancora “l’ora” e il Signore, ci dice il Vangelo, «passando in mezzo a loro, si mise in cammino» (Lc 4,30).
Non era l’ora, ma la velocità con cui si scatenarono la furia e la ferocia dell’accanimento, capace di uccidere il Signore in quello stesso momento, ci mostra che sempre è l’ora. E questo è ciò che desidero condividere oggi con voi, cari sacerdoti: che l’ora dell’annuncio gioioso e l’ora della persecuzione e della Croce vanno insieme.
L’annuncio del Vangelo è sempre legato all’abbraccio di una Croce concreta. La luce mite della Parola genera chiarezza nei cuori ben disposti e confusione e rifiuto in quelli che non lo sono. Questo lo vediamo costantemente nel Vangelo.
Il seme buono seminato nel campo porta frutto – il cento, il sessanta, il trenta per uno –, ma risveglia anche l’invidia del nemico che ossessivamente si mette a seminare zizzania durante la notte (cfr Mt 13,24-30.36-43).
La tenerezza del padre misericordioso attrae irresistibilmente il figlio prodigo perché ritorni a casa, ma suscita anche l’indignazione e il risentimento del figlio maggiore (cfr Lc 15,11-32).
La generosità del padrone della vigna è motivo di gratitudine per gli operai dell’ultima ora, ma è anche motivo di aspri commenti per i primi, che si sentono offesi perché il loro padrone è buono (cfr Mt 20,1-16).
La vicinanza di Gesù che va a mangiare con i peccatori guadagna cuori come quello di Zaccheo, quello di Matteo, quello della Samaritana…, ma provoca anche sentimenti di disprezzo in coloro che si credono giusti.
La magnanimità di quell’uomo che manda il suo figlio pensando che sarà rispettato dai vignaioli, scatena tuttavia in essi una ferocia fuori da ogni misura: siamo di fronte al mistero dell’iniquità, che porta a uccidere il Giusto (cfr Mt 21,33-46).
Tutto questo, cari fratelli sacerdoti, ci fa vedere che l’annuncio della Buona Notizia è legato misteriosamente alla persecuzione e alla Croce.
Sant’Ignazio di Loyola, nella contemplazione della Natività – scusatemi questa pubblicità di famiglia -, in quella contemplazione della Natività esprime questa verità evangelica quando ci fa osservare e considerare quello che fanno San Giuseppe e la Madonna: «Per esempio, camminano e si danno da fare perché il Signore nasca in un’estrema povertà e, dopo aver tanto sofferto fame e sete, caldo e freddo, ingiurie e oltraggi, muoia in croce. E tutto questo per me. Poi – aggiunge Ignazio –, riflettendo, ricavare qualche frutto spirituale» (Esercizi spirituali, 116). La gioia della nascita del Signore, il dolore della Croce, la persecuzione.
2 RIFLESSIONI 1): non meraviglia constatare che la Croce è presente nella vita del Signore all’inizio del suo ministero e perfino prima della sua nascita. È presente già nel primo turbamento di Maria davanti all’annuncio dell’Angelo; è presente nell’insonnia di Giuseppe al sentirsi obbligato ad abbandonare la sua promessa sposa; è presente nella persecuzione di Erode e nei disagi che patisce la Santa Famiglia, uguali a quelle di tante famiglie che devono andare in esilio dalla propria patria.
Questa realtà ci apre al mistero della Croce vissuta “da prima”. Ci fa comprendere che la Croce non è un fatto a posteriori, un fatto occasionale, prodotto da una congiuntura nella vita del Signore. È vero che tutti i crocifissori della storia fanno apparire la Croce come se fosse un danno collaterale, ma non è così: la Croce non dipende dalle circostanze. Le grandi croci dell’umanità e le piccole – diciamo così – croci nostre, di ognuno di noi non dipendono dalle circostanze.
Perché il Signore ha abbracciato la Croce in tutta la sua integrità? Perché Gesù ha abbracciato la passione intera? Ha abbracciato il tradimento e l’abbandono dei suoi amici già dall’ultima cena, ha accettato la detenzione illegale, il giudizio sommario, la sentenza sproporzionata, la cattiveria senza motivo degli schiaffi e degli sputi gratuiti… Se le circostanze determinassero il potere salvifico della Croce, il Signore non avrebbe abbracciato tutto. Ma quando è stata la sua ora, Egli ha abbracciato la Croce intera. Perché nella Croce non c’è ambiguità! La Croce non si negozia.
La 2^ riflessione è la seguente. È vero che c’è qualcosa della Croce che è parte integrante della nostra condizione umana, del limite e della fragilità. Però è anche vero che c’è qualcosa di ciò che accade nella Croce che non è inerente alla nostra fragilità, bensì è il morso del serpente, il quale, vedendo il crocifisso inerme, lo morde e tenta di avvelenare e screditare tutta la sua opera. Morso che cerca di scandalizzare - questa è un’epoca degli scandali-, morso che cerca di immobilizzare e rendere sterile e insignificante ogni servizio e sacrificio d’amore per gli altri. È il veleno del maligno che continua a insistere: salva te stesso.
E in questo morso, crudele e doloroso, che pretende di essere mortale, appare alla fine il trionfo di Dio. San Massimo il Confessore ci ha fatto vedere che con Gesù crocifisso le cose si sono invertite: mordendo la carne del Signore, il demonio non lo ha avvelenato – in Lui ha trovato solo mansuetudine infinita e obbedienza alla volontà del Padre – ma, al contrario, unita all’amo della Croce ha inghiottito la Carne del Signore, che è stata veleno per lui ed è diventata per noi l’antidoto che neutralizza il potere del maligno.[3]
Queste sono le riflessioni. Chiediamo al Signore la grazia di trarre profitto da questi insegnamenti: c’è Croce nell’annuncio del Vangelo, è vero, ma è una Croce che salva. Pacificata con il Sangue di Gesù, è una Croce con la forza della vittoria di Cristo che sconfigge il male, che ci libera dal Maligno. Abbracciarla con Gesù e come Lui, già “da prima” di andare a predicare, ci permette di discernere e respingere il veleno dello scandalo con cui il demonio cercherà di avvelenarci quando inaspettatamente sopraggiungerà una croce nella nostra vita.
«Noi però non siamo di quelli che cedono » (Eb 10,39) dice l’autore della Lettera agli Ebrei. «Noi però non siamo di quelli che cedono», è il consiglio che ci dà: noi non ci scandalizziamo, perché non si è scandalizzato Gesù vedendo che il suo lieto annuncio di salvezza ai poveri non risuonava puro, ma in mezzo alle urla e alle minacce di quelli che non volevano udire la sua Parola o volevano ridurla a legalismi (moralisti, clericalisti...).
-->Noi non ci scandalizziamo perché non si è scandalizzato Gesù dovendo guarire malati e liberare prigionieri in mezzo alle discussioni e alle controversie moralistiche, legalistiche, clericali che suscitava ogni volta che faceva il bene.
Noi non ci scandalizziamo perché non si è scandalizzato Gesù dovendo dare la vista ai ciechi in mezzo a gente che chiudeva gli occhi per non vedere o guardava dall’altra parte.
Noi non ci scandalizziamo perché non si è scandalizzato Gesù del fatto che la sua predicazione dell’anno di grazia del Signore – un anno che è la storia intera – abbia provocato uno scandalo pubblico in ciò che oggi occuperebbe appena la terza pagina di un giornale di provincia.
E non ci scandalizziamo perché l’annuncio del Vangelo non riceve la sua efficacia dalle nostre parole eloquenti, ma dalla forza della Croce (cfr 1 Cor 1,17).
Dal modo in cui abbracciamo la Croce annunciando il Vangelo – con le opere e, se necessario, con le parole – si manifestano due cose: che le sofferenze procurateci dal Vangelo non sono nostre, ma «le sofferenze di Cristo in noi» (2 Cor 1,5) e che «non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore» e noi siamo «servitori a causa di Gesù» (2 Cor 4,5).
S. FAUSTI – Gesù lava i piedi non prima, ma durante la cena. Non è quindi la purificazione per il pasto . È il centro del “suo” pasto. Questo conferisce al gesto un significato specifico di anticipo della “sua” Pasqua. Il Suo atto illustra la vita nuova che comunica ai fratelli. Lavare i piedi e dare il boccone a Giuda, con il comando dell'amore reciproco, sostituiscono in Giovanni il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia. Non si spoglia solo del mantello, ma delle vesti : come sulla croce, dove ci dona se stesso E' il Pastore bello che depone la sua vita a favore delle pecore.
RispondiElimina“Preso un telo” : insieme grembiule e asciugatoio, diventa la sua veste definitiva : quella del servo.
La Sua nudità è rivestita di servizio. In esso consiste la Gloria del Dio Amore : è la Sua vera veste , che l'uomo Gesù, nella sua morte, assume in modo definitivo. Il Suo servizio , che gli fa deporre le vesti e lo conduce alla croce, va oltre la stessa tomba : è amore che vince la morte , Gloria del Signore della vita, che sempre continuerà a lavare i piedi.
Dio nel mar Rosso rivelò la sua Gloria affogando i nemici e salvando il Suo popolo. Ora rivela la Sua Gloria dando la vita per i nemici.
Questa è la Sua Pasqua : il passaggio del mar Rosso è in un catino d'acqua che non affoga nessuno, se non Colui che salva tutti.
Ciò che Gesù ora fa è il principio del mondo nuovo . Ciò che Lui cominciò e ciò che noi continueremo a fare.
I piedi servono per camminare, per cambiare luogo. Il luogo è diverso per ciascuno, lasciato alla nostra libertà. Necessariamente vivo “ora” , liberamente scelgo di vivere “qui” e non altrove. Con i piedi fuggo da ciò che temo, e vado verso ciò che desidero.
L'uomo è sempre viator, pellegrino o fuggiasco. Ogni cammino è infine verso casa.
E la casa dove abito, è il luogo dove sono accolto e amato.
Altrimenti fuggo e vado errando. La casa di ognuno è chi lo ama. E chiunque ama è casa dell'amato.
La Pasqua definitiva che ci porta a casa, è l'amore del Figlio che lava i piedi dei fratelli, perchè camminino come Lui ha camminato. Così, passando da questo mondo al Padre, li fa uscire con lui dalla schiavitù per tornare, nella libertà di figli, a Colui dal quale, per inganno, erano fuggiti.Questo è l'Esodo in cui Dio rivela la Sua Gloria e vince ogni nemico dell'uomo, compreso il nemico ultimo, la morte. Infatti chi ama i fratelli è passato dalla morte alla vita.(1Gv 3,14).
Quanto Maria ha fatto per Gesù a Betania corrisponde a ciò che Gesù fa per i suoi discepoli nel Cenacolo.
Con l'anticipazione tipica di chi ama , essa ha risposto all'amore con l'amore. Pietro reagisce perchè non capisce. Si oppone a Gesù come dopo la prima predizione della sua morte e resurrezione.
Per lui il Cristo, Maestro e Signore, deve esigere da tutti ospitalità e accoglienza , intimità e riverenza.
RispondiEliminaEgli invece è l'Altro, il solo che fa agli altri ciò che ognuno di noi esige da loro.
Pietro non accetta che Gesù lo serva , come non accetta che il Signore dia la vita per lui; preferisce darla lui per il Signore.
Egli pensa che il Signore stia sopra tutti per dominare, non sotto tutti per servire.
Ignora che il primo è l'ultimo e servo di tutti. Non accettare il suo servizio è rifiutare Lui e non conoscere la gloria che Lui ha prima della fondazione del mondo: l'amore stesso del Padre.
Accettare lui che “lava i piedi” ci dona la capacità di amare come Lui ci ha amati, di aver parte alla sua vita di Figlio. L'andarsene di Gesù ci apre la nostra dimora nella casa del Padre. Ci dona infatti il Suo stesso amore di Figlio. Per questo il Suo andarsene da noi è in realtà un venire pienamente incontro a noi. L'espressione “di nuovo vengo” non indica la Sua venuta alla fine dei tempi, ma la sua venuta imminente, quando tra poco, elevato da terra, attirerà tutti a sé (12,32).
Allora ci “riceverà” con sé.
La Sua venuta tra noi è ormai quella dell'amore.
Questa e nessun altra è la via.Il tema della vita e della luce, fin qui dominante nel Vangelo, sfocia in quello dell'amore. E l'amore, luce vera della vita, si realizza non nelle parole o con la lingua , ma nella verità dei fatti., nell'essere a servizio gli uni degli altri.La beatitudine è fare queste cose.
Ma nessuno può farle se prima non le conosce. Uno fa ciò che sa. Noi, come Pietro, ancora non le sappiamo, né le facciamo; vorremmo che neppure il Signore le facesse. “Queste cose” ci sono dette adesso, perchè dopo, quando saranno accadute, le possiamo comprendere.
Come un ritornello martellante, il pensiero di Gesù ricorre a Giuda, che non partecipa a questa beatitudine. E' la sua preoccupazione di fondo : come salvare il fratello perduto?
Gesù, il Figlio che conosce l'amore del Padre, conosce anche il proprio amore per i fratelli che ha scelto. La Sua elezione non esclude nessuno, altrimenti non sarebbe Figlio del Padre di tutti.
Antifona
RispondiEliminaNon ci sia per noi altro vanto
che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo.
Egli è nostra salvezza, vita e risurrezione;
per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati. (Cf. Gal 6,14)
Si dice il Gloria. Mentre si canta l’inno, si suonano le campane che, una volta terminato, non si suoneranno più fino al Gloria della Veglia Pasquale, a meno che il vescovo diocesano, secondo l’opportunità, non stabilisca diversamente. Inoltre, durante questo stesso tempo, l’organo o altri strumenti musicali possono essere utilizzati soltanto per sostenere il canto.
Colletta
O Dio, che ci hai riuniti per celebrare la santa Cena
nella quale il tuo unico Figlio,
prima di consegnarsi alla morte,
affidò alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio,
convito nuziale del suo amore,
fa’ che dalla partecipazione a così grande mistero
attingiamo pienezza di carità e di vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura
Prescrizioni per la cena pasquale.
Dal libro dell'Èsodo
Es 12,1-8.11-14
In quei giorni, il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d'Egitto:
«Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta la comunità d'Israele e dite: "Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l'agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne.
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con àzzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore!
In quella notte io passerò per la terra d'Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d'Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell'Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d'Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne"».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 115 (116)
R. Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.
Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore. R.
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene. R.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo. R.
Seconda Lettura
Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1Cor 11,23–26
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
RispondiEliminaGloria e lode e onore a te, Cristo Signore!
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!
Vangelo
Li amò sino alla fine.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 13,1-15
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
Parola del Signore.
PAPA FRAMCESCO - GIOVEDI SANTO 2021 Il Vangelo ci presenta un cambiamento di sentimenti nelle persone che ascoltano il Signore. Il cambiamento è drammatico e ci mostra quanto la persecuzione e la Croce sono legate all’annuncio del Vangelo. L’ammirazione suscitata dalle parole di grazia che uscivano dalla bocca di Gesù durò poco nell’animo della gente di Nazaret. Una frase che qualcuno mormorò a bassa voce: “Ma questo chi è? Il figlio di Giuseppe?” (cfr Lc 4,22). Quella frase si “viralizzò” insidiosamente. E tutti: “Ma chi è questo? Non è il figlio di Giuseppe?”.
RispondiEliminaSi tratta di una di quelle frasi ambigue che si lasciano cadere di passaggio. Uno la può usare per esprimere con gioia: “Che meraviglia che uno di origini così umili parli con questa autorità!”. E un altro può usarla per dire con disprezzo: “E questo da dove è uscito? Chi crede di essere?”. Se ci facciamo caso, la frase si ripete quando gli Apostoli, nel giorno di Pentecoste, pieni di Spirito Santo cominciano a predicare il Vangelo. Qualcuno disse: «Tutti costoro che parlano non sono forse i Galilei?» (At 2,7). E mentre alcuni accolsero la Parola, altri li presero per ubriachi.
Formalmente sembrerebbe che si lasciasse aperta una scelta ma, se consideriamo gli effetti, in quel contesto concreto, queste parole contenevano un germe di violenza che si è scatenata contro Gesù.
Si tratta di una “frase trainante”,[1] come quando uno dice: “Questo è troppo!” e aggredisce l’altro oppure se ne va.
Il Signore, che a volte faceva silenzio o se ne andava all’altra riva, questa volta non rinunciò a commentare, ma smascherò la logica maligna che si nascondeva sotto l’apparenza di un semplice pettegolezzo di paese. «Voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!» (Lc 4,23). “Cura te stesso…”.
“Che salvi se stesso”. Qui sta il veleno! È la stessa frase che seguirà il Signore fino alla Croce: «Ha salvato altri! Salvi se stesso» (Lc 23,35); “e salvi anche noi”, aggiungerà uno dei due ladroni (cfr v. 39).
-->Il Signore, come sempre, non dialoga con lo spirito maligno, risponde soltanto con la Scrittura. Nemmeno i profeti Elia ed Eliseo furono accettati dai loro compatrioti e invece lo furono da parte di una vedova fenicia e di un siro malato di lebbra: due stranieri, due persone di altra religione. I fatti colpiscono nel segno e provocano l’effetto che aveva profetizzato Simeone, quell’anziano carismatico: che Gesù sarebbe stato «segno di contraddizione» (semeion antilegomenon) (Lc 2,34).[2]
RispondiEliminaLa parola di Gesù ha il potere di far uscire alla luce ciò che uno porta nel cuore, che di solito è un miscuglio, come il grano e la zizzania. E questo provoca combattimento spirituale. Vedendo i gesti di misericordia sovrabbondante del Signore e ascoltando le sue beatitudini e i “guai a voi!” del Vangelo, ci si trova obbligati a discernere e a scegliere. In questo caso la sua parola non fu accolta e questo fece sì che la folla, accesa d’ira, tentasse di togliergli la vita. Ma non era ancora “l’ora” e il Signore, ci dice il Vangelo, «passando in mezzo a loro, si mise in cammino» (Lc 4,30).
Non era l’ora, ma la velocità con cui si scatenarono la furia e la ferocia dell’accanimento, capace di uccidere il Signore in quello stesso momento, ci mostra che sempre è l’ora. E questo è ciò che desidero condividere oggi con voi, cari sacerdoti: che l’ora dell’annuncio gioioso e l’ora della persecuzione e della Croce vanno insieme.
L’annuncio del Vangelo è sempre legato all’abbraccio di una Croce concreta. La luce mite della Parola genera chiarezza nei cuori ben disposti e confusione e rifiuto in quelli che non lo sono. Questo lo vediamo costantemente nel Vangelo.
Il seme buono seminato nel campo porta frutto – il cento, il sessanta, il trenta per uno –, ma risveglia anche l’invidia del nemico che ossessivamente si mette a seminare zizzania durante la notte (cfr Mt 13,24-30.36-43).
La tenerezza del padre misericordioso attrae irresistibilmente il figlio prodigo perché ritorni a casa, ma suscita anche l’indignazione e il risentimento del figlio maggiore (cfr Lc 15,11-32).
La generosità del padrone della vigna è motivo di gratitudine per gli operai dell’ultima ora, ma è anche motivo di aspri commenti per i primi, che si sentono offesi perché il loro padrone è buono (cfr Mt 20,1-16).
La vicinanza di Gesù che va a mangiare con i peccatori guadagna cuori come quello di Zaccheo, quello di Matteo, quello della Samaritana…, ma provoca anche sentimenti di disprezzo in coloro che si credono giusti.
La magnanimità di quell’uomo che manda il suo figlio pensando che sarà rispettato dai vignaioli, scatena tuttavia in essi una ferocia fuori da ogni misura: siamo di fronte al mistero dell’iniquità, che porta a uccidere il Giusto (cfr Mt 21,33-46).
Tutto questo, cari fratelli sacerdoti, ci fa vedere che l’annuncio della Buona Notizia è legato misteriosamente alla persecuzione e alla Croce.
Sant’Ignazio di Loyola, nella contemplazione della Natività – scusatemi questa pubblicità di famiglia -, in quella contemplazione della Natività esprime questa verità evangelica quando ci fa osservare e considerare quello che fanno San Giuseppe e la Madonna: «Per esempio, camminano e si danno da fare perché il Signore nasca in un’estrema povertà e, dopo aver tanto sofferto fame e sete, caldo e freddo, ingiurie e oltraggi, muoia in croce. E tutto questo per me. Poi – aggiunge Ignazio –, riflettendo, ricavare qualche frutto spirituale» (Esercizi spirituali, 116). La gioia della nascita del Signore, il dolore della Croce, la persecuzione.
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RispondiElimina2 RIFLESSIONI
1): non meraviglia constatare che la Croce è presente nella vita del Signore all’inizio del suo ministero e perfino prima della sua nascita. È presente già nel primo turbamento di Maria davanti all’annuncio dell’Angelo; è presente nell’insonnia di Giuseppe al sentirsi obbligato ad abbandonare la sua promessa sposa; è presente nella persecuzione di Erode e nei disagi che patisce la Santa Famiglia, uguali a quelle di tante famiglie che devono andare in esilio dalla propria patria.
Questa realtà ci apre al mistero della Croce vissuta “da prima”. Ci fa comprendere che la Croce non è un fatto a posteriori, un fatto occasionale, prodotto da una congiuntura nella vita del Signore. È vero che tutti i crocifissori della storia fanno apparire la Croce come se fosse un danno collaterale, ma non è così: la Croce non dipende dalle circostanze. Le grandi croci dell’umanità e le piccole – diciamo così – croci nostre, di ognuno di noi non dipendono dalle circostanze.
Perché il Signore ha abbracciato la Croce in tutta la sua integrità? Perché Gesù ha abbracciato la passione intera? Ha abbracciato il tradimento e l’abbandono dei suoi amici già dall’ultima cena, ha accettato la detenzione illegale, il giudizio sommario, la sentenza sproporzionata, la cattiveria senza motivo degli schiaffi e degli sputi gratuiti… Se le circostanze determinassero il potere salvifico della Croce, il Signore non avrebbe abbracciato tutto. Ma quando è stata la sua ora, Egli ha abbracciato la Croce intera. Perché nella Croce non c’è ambiguità! La Croce non si negozia.
La 2^ riflessione è la seguente. È vero che c’è qualcosa della Croce che è parte integrante della nostra condizione umana, del limite e della fragilità. Però è anche vero che c’è qualcosa di ciò che accade nella Croce che non è inerente alla nostra fragilità, bensì è il morso del serpente, il quale, vedendo il crocifisso inerme, lo morde e tenta di avvelenare e screditare tutta la sua opera. Morso che cerca di scandalizzare - questa è un’epoca degli scandali-, morso che cerca di immobilizzare e rendere sterile e insignificante ogni servizio e sacrificio d’amore per gli altri. È il veleno del maligno che continua a insistere: salva te stesso.
E in questo morso, crudele e doloroso, che pretende di essere mortale, appare alla fine il trionfo di Dio. San Massimo il Confessore ci ha fatto vedere che con Gesù crocifisso le cose si sono invertite: mordendo la carne del Signore, il demonio non lo ha avvelenato – in Lui ha trovato solo mansuetudine infinita e obbedienza alla volontà del Padre – ma, al contrario, unita all’amo della Croce ha inghiottito la Carne del Signore, che è stata veleno per lui ed è diventata per noi l’antidoto che neutralizza il potere del maligno.[3]
Queste sono le riflessioni. Chiediamo al Signore la grazia di trarre profitto da questi insegnamenti: c’è Croce nell’annuncio del Vangelo, è vero, ma è una Croce che salva. Pacificata con il Sangue di Gesù, è una Croce con la forza della vittoria di Cristo che sconfigge il male, che ci libera dal Maligno. Abbracciarla con Gesù e come Lui, già “da prima” di andare a predicare, ci permette di discernere e respingere il veleno dello scandalo con cui il demonio cercherà di avvelenarci quando inaspettatamente sopraggiungerà una croce nella nostra vita.
«Noi però non siamo di quelli che cedono » (Eb 10,39) dice l’autore della Lettera agli Ebrei. «Noi però non siamo di quelli che cedono», è il consiglio che ci dà: noi non ci scandalizziamo, perché non si è scandalizzato Gesù vedendo che il suo lieto annuncio di salvezza ai poveri non risuonava puro, ma in mezzo alle urla e alle minacce di quelli che non volevano udire la sua Parola o volevano ridurla a legalismi (moralisti, clericalisti...).
-->Noi non ci scandalizziamo perché non si è scandalizzato Gesù dovendo guarire malati e liberare prigionieri in mezzo alle discussioni e alle controversie moralistiche, legalistiche, clericali che suscitava ogni volta che faceva il bene.
RispondiEliminaNoi non ci scandalizziamo perché non si è scandalizzato Gesù dovendo dare la vista ai ciechi in mezzo a gente che chiudeva gli occhi per non vedere o guardava dall’altra parte.
Noi non ci scandalizziamo perché non si è scandalizzato Gesù del fatto che la sua predicazione dell’anno di grazia del Signore – un anno che è la storia intera – abbia provocato uno scandalo pubblico in ciò che oggi occuperebbe appena la terza pagina di un giornale di provincia.
E non ci scandalizziamo perché l’annuncio del Vangelo non riceve la sua efficacia dalle nostre parole eloquenti, ma dalla forza della Croce (cfr 1 Cor 1,17).
Dal modo in cui abbracciamo la Croce annunciando il Vangelo – con le opere e, se necessario, con le parole – si manifestano due cose: che le sofferenze procurateci dal Vangelo non sono nostre, ma «le sofferenze di Cristo in noi» (2 Cor 1,5) e che «non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore» e noi siamo «servitori a causa di Gesù» (2 Cor 4,5).