venerdì 20 settembre 2019

C - 25 DOM.T.O.


2 commenti:

  1. LETTURA DEL GIORNO
    Prima lettura

    Dal libro del profeta Amos
    Am 8,4-7

    Il Signore mi disse:

    «Ascoltate questo,
    voi che calpestate il povero
    e sterminate gli umili del paese,
    voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
    e si potrà vendere il grano?
    E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
    diminuendo l’efa e aumentando il siclo
    e usando bilance false,
    per comprare con denaro gli indigenti
    e il povero per un paio di sandali?
    Venderemo anche lo scarto del grano”».

    Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
    «Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».



    Seconda lettura

    Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
    1 Tm 2,1-8

    Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.

    Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.

    Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.

    VANGELO DEL GIORNO
    Dal Vangelo secondo Luca
    Lc 16,1-13

    In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:

    «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.

    L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.

    Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.

    Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

    Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

    Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

    Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

    PAROLE DEL SANTO PADRE
    Con questo insegnamento, Gesù oggi ci esorta a fare una scelta chiara tra Lui e lo spirito del mondo, tra la logica della corruzione, della sopraffazione e dell’avidità e quella della rettitudine, della mitezza e della condivisione. Qualcuno si comporta con la corruzione come con le droghe: pensa di poterla usare e smettere quando vuole. Quando invece cerchiamo di seguire la logica evangelica dell’integrità, della limpidezza nelle intenzioni e nei comportamenti, della fraternità, noi diventiamo artigiani di giustizia e apriamo orizzonti di speranza per l’umanità. Nella gratuità e nella donazione di noi stessi ai fratelli, serviamo il padrone giusto: Dio. (Angelus 18 settembre)

    RispondiElimina
  2. La parabola del cap. 15 dice quanto fa per noi Colui che è benevolo con tutti i disgraziati e i cattivi. Questa risponde alla domanda .”Che fare” noi, chiamati a diventare come Lui?
    La risposta è implicita nei due termini usati per indicare Dio e l'uomo, chiamati rispettivamente il Signore e l'amministratore.
    Ma l'uomo è un amministratore ingiusto, perché si è fatto padrone di ciò che non è suo.
    Però ora conosce Dio : sa che tutto dona e tutto perdona. Di conseguenza sa “che fare” anche lui . Condonare ciò che in fondo non è suo. La scena si svolge ancora a quella mensa dove Gesù mangia con i peccatori . Dopo aver rivelato il cuore del Padre ai “giusti” che lo criticano, ora rivela ai discepoli l'uso corretto dei beni del mondo.
    Chi conosce il giudizio di Dio in Gesù non è più come il proprietario insipiente , che sbaglia nel sapere “che fare” Illuminato dalla sapienza del Vangelo , è come l'amministratore fedele e sapiente associato alla gloria del suo Signore. Il centro del brano è l'elogio dell'amministratore , che sfocia
    nell'esortazione ad agire come lui. La parabola ci insegna che anche i beni materiali vanno gestiti per quel che sono, secondo la loro natura di dono.
    Luca sa che quel che abbiamo accumulato è frutto di ingiustizia ; non l' abbiamo fatto propriamente per puro amore di Dio e del prossimo.
    Sa anche che continuiamo a vivere in un mondo che avanza sullo stesso binario.
    In tale situazione siamo chiamati a vivere con il criterio opposto a quello dell'egoismo.
    Abbiamo capito “che fare” : i beni sono un dono del Padre da condividere tra i fratelli.
    Questa parabola sconcerta un poco lettori e commentatori . Sembra oscura.
    In realtà è chiara : il Signore elogiò l'amministratore sapiente che cominciò a donare , come biasimò la stoltezza del padrone insipiente che continuò ad accumulare.
    Il racconto è probabilmente desunto da un fatto di cronaca : un amministratore ,accusato dalla sua avidità eccessiva ormai insostenibile , trova conveniente iniziare un nuovo tipo di rapporto, quello del dono.
    Gli è necessario per vivere quando sarà finita la sua amministrazione .
    Tale astuzia di uno dei figli di questo mondo, ci svela la vera sapienza che manca ai cosiddetti figli della luce e illustra il tema della misericordia , caro a Luca : a chi perdona, sarà perdonato, a chi dà, sarà dato . Sappiamo inoltre che la carità copre una moltitudine di peccati, perché chi dona al povero, fa un prestito a Dio (Pr 19,17). Per questo “meglio è praticare l'elemosina che mettere da parte oro”. Infatti “salva dalla morte e purifica da ogni peccato” (Tb 12,9).
    La fede in Dio si gioca nella fedeltà in ciò che Egli ci ha affidato.
    C'è una falsa astuzia che fa porre la fiducia, invece che nel Creatore, nelle creature.
    E' una perversione che fa dei mezzi il fine , e ci riduce a servire a essi invece di servircene.
    La vera astuzia è di chi sa che tutto ciò che c'è , è dono di Dio, ed è un mezzo per entrare in comunione col Padre e con i fratelli. Per questo vive in rendimento di grazie e in spirito di condivisione .Il fallimento dell'uomo consiste nell'amare ciò che non è l'oggetto del suo cuore.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.