venerdì 6 settembre 2019

C - 23 DOMENICA T.O,


2 commenti:

  1. LETTURA DEL GIORNO
    Prima lettura

    Dal libro della Sapienza
    Sap 9,13-18

    Quale uomo può conoscere il volere di Dio?
    Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?

    I ragionamenti dei mortali sono timidi
    e incerte le nostre riflessioni,
    perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
    e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.

    A stento immaginiamo le cose della terra,
    scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
    ma chi ha investigato le cose del cielo?

    Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
    se tu non gli avessi dato la sapienza
    e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?

    Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
    gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
    e furono salvati per mezzo della sapienza.



    Seconda lettura

    Dalla lettera a Filèmone
    Fm 9b-10.12-17

    Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.

    Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.

    Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
    Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

    VANGELO DEL GIORNO
    Dal Vangelo secondo Luca
    Lc 14,25-33

    In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:

    «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
    Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
    Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
    Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
    Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

    PAROLE DEL SANTO PADRE
    L’affetto di un padre, la tenerezza di una madre, la dolce amicizia tra fratelli e sorelle, tutto questo, pur essendo molto buono e legittimo, non può essere anteposto a Cristo. Non perché Egli ci voglia senza cuore e privi di riconoscenza, anzi, al contrario, ma perché la condizione del discepolo esige un rapporto prioritario col maestro. Qualsiasi discepolo, sia un laico, una laica, un sacerdote, un vescovo: il rapporto prioritario. Forse la prima domanda che dobbiamo fare a un cristiano è: “Ma tu ti incontri con Gesù? Tu preghi Gesù?”. Chi si lascia attrarre in questo vincolo di amore e di vita con il Signore Gesù, diventa un suo rappresentante, un suo “ambasciatore”, soprattutto con il modo di essere, di vivere. Bisogna che la gente possa percepire che per quel discepolo Gesù è veramente “il Signore”, è veramente il centro della sua vita, il tutto della vita. Non importa se poi, come ogni persona umana, ha i suoi limiti e anche i suoi sbagli – purché abbia l’umiltà di riconoscerli –; l’importante è che non abbia il cuore doppio - e questo è pericoloso. Per questo Gesù prega il Padre affinché i discepoli non cadano nello spirito del mondo. O sei con Gesù, con lo spirito di Gesù, o sei con lo spirito del mondo. (Angelus, 2 luglio 2017)

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  2. FAUSTI - Gli invitati al banchetto sono i poveri e gli esclusi. A loro spetta il Regno, perché sono come Gesù. Ora si dice al discepolo di vedere bene se si trova tra quelli, perché, per stare con Lui, è necessario scegliere il Suo stesso posto.
    Per questo a chi non lascia tutto, ripete per ben tre volte il ritornello “ non può essere mio discepolo”. Il Regno è offerto gratis. Ci sono però delle condizioni per accoglierlo.
    La porta è stretta (13,24). Tutti siamo troppo gonfi per entrarci!
    Davanti alle richieste di Gesù nessuno è in grado di farcela.
    Luca vuole renderci coscienti della nostra incapacità , in modo che, disperando di noi, speriamo in Lui. Queste parole sono una puntura che ci trafigge : sgonfiandoci di ogni presunzione , ci rende umili, poveri e mendicanti, perché gridiamo verso di Lui, come il cieco di Gerico (18,35-43).
    La nostra unica possibilità di essere discepoli è la confessata impossibilità :
    “Quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12,10) :
    forte della forza di Colui che mi conforta e mi rende tutto possibile (Fil 4,13).
    Nessuna pretesa è in grado di farci discepoli. E' solo un dono di grazia che Dio concede all'umile e al povero. Però se tutto è azione di Dio, tutto è anche libertà dell'uomo, che può accoglierla o meno.
    Il sazio e ricco è rimandato a mani vuote (1,53) ; ma la bocca aperta e vuota viene riempita.
    La povertà, che Gesù richiede, non è stoica, è motivata dall'amore per Lui. Tocca tutti i livelli ed è l'unica virtù che, quanto più è materiale, tanto più è spirituale.
    Ma solo se è dettata dall'amore e non indurisce verso gli altri.
    La povertà comporta umiliazione e porta all'umiltà.
    Pur essendo in sé maledizione e privazione,diventa scelta cordiale e necessaria per il discepolo che vuol stare col suo Signore.
    Le esigenze del discepolato sono : odio verso ciò che è caro e amore verso ciò che è odioso al mondo, per andare dietro a Gesù ; prudente valutazione di chi non vuol restare a metà dell'impresa o venire sconfitto e saggia follia di uno che trova la sua forza nel perdere tutto.
    Diversamente si è come sale sciocco, inservibile . Irrecuperabile e da buttare. Siamo al cuore della catechesi lucana , che si snoda nel viaggio dalla Samaria a Gerusalemme.
    Se le cose stanno così, chi salirà il monte di Dio? Chi deciderà evangelicamente di abbandonare tutto per scegliere il Regno? La forza di tale decisione è l'amore di chi è stato conquistato da Lui
    Egli diviene l'Unico, il Solo , il resto non ha più sapore.
    La vita cosiddetta “religiosa” propone a tutti il nocciolo della fede cristiana.
    Chi riconosce nel suo Signore il suo tutto, si fa profezia per tutta la Chiesa, ricordandole l'essenziale. Se essa trascura la povertà, l'umiltà e la castità, (ci son tanti adulteri!) , anche come mezzi apostolici, diventa sale insipido.Perde la luce di cui è testimone, abbandona il suo Signore povero, umile e libero.
    Oggi la Chiesa è particolarmente tentata di usare, “a fin di bene”, strumenti di potere, entrando in concorrenza con il mondo. Cerca una rilevanza fasulla, senza sapere che la sua identità col Crocifisso è l'unica sua forza. I vecchi ordini religiosi sono nati, sempre ,per testimoniare nella Chiesa e al mondo la Croce del Signore, proprio nei momenti in cui era più pericolosamente dimenticata.Anche se è naturale degenerare verso la ricchezza, il potere e l'onore, anche se è “ovvio” cadere in ciò che Gesù ha scartato come tentazione , (4,1-12), tuttavia questo riguarda la venuta del Regno più di ogni altro male. Si dice che la povertà è “muro e difesa” della vita religiosa . Quando si sfalda e crolla , cade nelle mani del nemico e perde la sua essenza : non testimonia più la sua fiducia nel Padre. Se il miraggio del mondo è diventare ricco, quello del discepolo è diventare povero. Il Regno è dei poveri, perché il Re stesso si è rivelato povero.

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