giovedì 22 settembre 2022

C - 26 DOMENICA T.O.






 

5 commenti:

  1. Signore, quanto hai fatto ricadere su di noi,
    l’hai fatto con retto giudizio, poiché noi abbiamo peccato,
    non abbiamo obbedito ai tuoi comandamenti.
    Ma ora, salvaci con i tuoi prodigi; da’ gloria al tuo nome, Signore,
    fa’ con noi secondo la tua clemenza,
    secondo la tua grande misericordia. (Dn 3,31.29.43.42)

    O Dio, che riveli la tua onnipotenza
    soprattutto con la misericordia e il perdono,
    continua a effondere su di noi la tua grazia,
    perché, affrettandoci verso i beni da te promessi,
    diventiamo partecipi della felicità eterna.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo.



    O Dio, che conosci le necessità del povero
    e non abbandoni il debole nella solitudine,
    libera dalla schiavitù dell’egoismo
    coloro che sono sordi alla voce di chi invoca aiuto,
    e dona a tutti noi una fede salda nel Cristo risorto.
    Egli è Dio, e vive e regna con te.


    Prima Lettura
    Ora cesserà l’orgia dei dissoluti.
    Dal libro del profeta Amos
    Am 6,1a.4-7

    Guai agli spensierati di Sion
    e a quelli che si considerano sicuri
    sulla montagna di Samaria!
    Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani
    mangiano gli agnelli del gregge
    e i vitelli cresciuti nella stalla.
    Canterellano al suono dell’arpa,
    come Davide improvvisano su strumenti musicali;
    bevono il vino in larghe coppe
    e si ungono con gli unguenti più raffinati,
    ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.
    Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati
    e cesserà l’orgia dei dissoluti.

    Parola di Dio.

    Salmo Responsoriale
    Dal Sal 145 (146)
    R. Loda il Signore, anima mia.
    Il Signore rimane fedele per sempre
    rende giustizia agli oppressi,
    dà il pane agli affamati.
    Il Signore libera i prigionieri. R.

    Il Signore ridona la vista ai ciechi,
    il Signore rialza chi è caduto,
    il Signore ama i giusti,
    il Signore protegge i forestieri. R.

    Egli sostiene l’orfano e la vedova,
    ma sconvolge le vie dei malvagi.
    Il Signore regna per sempre,
    il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R.


    Seconda Lettura
    Conserva il comandamento fino alla manifestazione del Signore.
    Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
    1 Tm 6,11-16

    Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
    Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,
    che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio,
    il beato e unico Sovrano,
    il Re dei re e Signore dei signori,
    il solo che possiede l’immortalità
    e abita una luce inaccessibile:
    nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
    A lui onore e potenza per sempre. Amen.

    Parola di Dio.

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  2. Acclamazione al Vangelo
    Alleluia, alleluia.

    Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi,
    perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. (2Cor 8,9)

    Alleluia.


    Vangelo
    Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.
    Dal Vangelo secondo Luca
    Lc 16,19-31

    In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
    «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
    Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
    Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
    E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

    Parola del Signore.

    PAROLE DEL SANTO PADRE
    Ignorare il povero è disprezzare Dio! (…) Adesso il ricco riconosce Lazzaro e gli chiede aiuto, mentre in vita faceva finta di non vederlo. Quante volte – quante volte! – tanta gente fa finta di non vedere i poveri! Per loro i poveri non esistono. (…) Nessun messaggero e nessun messaggio potranno sostituire i poveri che incontriamo nel cammino, perché in essi ci viene incontro Gesù stesso. (Udienza generale, 18 maggio 2016)

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  3. .FAUSTI – A differenza di Lazzaro, l'uomo ricco è senza nome, sua identità è il lusso del vestito e del cibo.Ma Dio conosce gli umili e ignora i superbi. Il ricco nella Bibbia è l'ateo pratico . Ha fatto di sé il centro di tutto, si è messo al posto di Dio. Richiama per certi aspetti Erode, vestito splendidamente, che banchetta (Mc 6,21) e si gonfia facendosi acclamare come dio.
    E' il contrario di Gesù , che da ricco che era, si fece povero, si svuotò di sé e si fece tapino.
    Anche il Padre invita al banchetto per il figlio perduto e ritrovato, morto e risorto. (Lc 15,23...).
    ma è una festa aperta ai poveri e agli esclusi. Lui stesso esce a consolare chi resta fuori.
    Il povero, che non ha nulla, ha bisogno di Dio . È il suo unico aiuto.
    Lazzaro è figura di Gesù, ultimo dei poveri, che ha posto tutta la sua fiducia nel Padre, unico principio della propria vita.
    Dio getta se stesso davanti alla porta del ricco per salvarlo.
    Il povero infatti è il Signore.”Il più piccolo tra voi, questi è grande” e “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo dei miei fratelli minimi, l'avete fatto a me”.(Mt 25,40...).
    Dando al povero, il ricco riceve la sua vera ricchezza ed è accolto nelle tende eterne.
    Chi dona al povero, fa un prestito a Dio, che si sdebiterà a suo tempo da par suo. Il povero è lo stesso “Dio - che – aiuta” ciascuno di noi a diventare suoi figli, nel riconoscere Lazzaro come nostro fratello.
    Il povero non resta preda della morte. E' portato dai servi di Dio in seno ad Abramo, padre dei credenti. Sta con lui, perchè è come lui . La povertà l'ha reso simile al padre della fede, che ha posto in Dio la sua sicurezza di vita.
    La morte rivela la dignità del povero, gettato alla porta, affamato e piagato.
    “Morì anche il ricco e fu sepolto”. Mentre Lazzaro è portato in alto, chi ha fatto della terra la sua sicurezza, trova in essa la sua tomba. Tutta la sua vita ebbe come pastore la morte; ora gli inferi sono sua dimora per sempre.
    La tomba è il seno della morte, l'opposto del seno di Abramo, grembo della vita.E' un luogo sotterraneo, come la tana delle volpi. E' la dimora di chi è stato astuto secondo il mondo, e non si è procurato le tende eterne con il disonesto mammona. Da lì leva gli occhi in alto, verso chi non aveva mai degnato di uno sguardo. Non si dice che il ricco disprezzò Dio o il povero.
    Solo non li aveva mai guardati , perchè occupato a guardare il proprio interesse.
    Finalmente gli si aprono gli occhi. Vede quella grande distanza che prima non aveva percepito. Questo abisso è comunque attraversato sei volte dalla Parola che chiede e risponde, per far sapere che fare ora. Questo abisso è stato scavato non certo da Abramo, che lo chiama “figlio”. L'ha scavato lui stesso , non riconoscendo in Lazzaro suo fratello.
    “Tu hai avuto i tuoi beni nella tua vita”, gli dice Abramo. Lazzaro invece ha avuto solo dei mali, e per di più non suoi!. Ora la situazione si ribalta, e in modo definitivo.
    Bisogna “ricordarsi” di questo, perchè siam portati a dimenticarlo.
    La vita terrena è il tempo concesso non per fissare, ma per valicare l'abisso tra ricchi e poveri.
    Da questo dipende la salvezza dei ricchi.
    Il povero, già salvato da Dio che sta di casa con lui, salva chi lo accoglie, ospitandolo a sua volta con sé nelle tende eterne. L'arco della vita terrena è un ponte effimero tra la perdizione e la salvezza. La misericordia verso il povero è il passaggio.
    Finita la vita è finito il tempo. Discernere i segni del tempo è capire che il presente ci è dato per questo. Tutta la scrittura, Mosè, i Profeti e i Salmi parlano del Povero mandato a noi per guarirci con le Sue ferite.
    Il vero problema quindi è credere alla parola di Dio. Essa ci dona la Misericordia del Padre e invita tutti a partecipare alla Sua gioia per il Figlio morto e risorto.
    Fin che siam vivi siam chiamati ad ascoltarlo e non deriderlo.
    Anche quando pone l'alternativa tra Dio e mammona.
    Chi crede in Lui , accoglie l'amore del Padre e ama i fratelli.

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  4. GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA - DEI CATECHISTI

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO 25 settembre 2016

    L’Apostolo Paolo nella seconda lettura rivolge a Timoteo, ma anche a noi, alcune raccomandazioni che gli stanno a cuore. Tra queste, chiede di «conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento» (1 Tm 6,14). Parla semplicemente di un comandamento. Sembra che voglia farci tenere fisso lo sguardo su ciò che è essenziale per la fede. San Paolo, infatti, non raccomanda tanti punti e aspetti, ma sottolinea il centro della fede. Questo centro attorno al quale tutto ruota, questo cuore pulsante che dà vita a tutto è l’annuncio pasquale, il primo annuncio: il Signore Gesù è risorto, il Signore Gesù ti ama, per te ha dato la sua vita; risorto e vivo, ti sta accanto e ti attende ogni giorno. Non dobbiamo mai dimenticarlo. In questo Giubileo dei catechisti, ci è chiesto di non stancarci di mettere al primo posto l’annuncio principale della fede: il Signore è risorto. Non ci sono contenuti più importanti, nulla è più solido e attuale. Ogni contenuto della fede diventa bello se resta collegato a questo centro, se è attraversato dall’annuncio pasquale. Invece, se si isola, perde senso e forza. Siamo chiamati sempre a vivere e annunciare la novità dell’amore del Signore: “Gesù ti ama veramente, così come sei. Fagli posto: nonostante le delusioni e le ferite della vita, lasciagli la possibilità di amarti. Non ti deluderà”.

    Il comandamento di cui parla San Paolo ci fa pensare anche al comandamento nuovo di Gesù: «che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). È amando che si annuncia Dio-Amore: non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale. Dio si annuncia incontrando le persone, con attenzione alla loro storia e al loro cammino. Perché il Signore non è un’idea, ma una Persona viva: il suo messaggio passa con la testimonianza semplice e vera, con l’ascolto e l’accoglienza, con la gioia che si irradia. Non si parla bene di Gesù quando si è tristi; nemmeno si trasmette la bellezza di Dio solo facendo belle prediche. Il Dio della speranza si annuncia vivendo nell’oggi il Vangelo della carità, senza paura di testimoniarlo anche con forme nuove di annuncio.

    Il Vangelo di questa Domenica ci aiuta a capire che cosa vuol dire amare, soprattutto ad evitare alcuni rischi. Nella parabola c’è un uomo ricco, che non si accorge di Lazzaro, un povero che «stava alla sua porta» (Lc 16,20). Questo ricco, in realtà, non fa del male a nessuno, non si dice che è cattivo. Ha però un’infermità più grande di quella di Lazzaro, che pure era «coperto di piaghe» (ibid.): questo ricco soffre di una forte cecità, perché non riesce a guardare al di là del suo mondo, fatto di banchetti e bei vestiti. Non vede oltre la porta di casa sua, dove giace Lazzaro, perché non gli interessa quello che succede fuori. Non vede con gli occhi perché non sente col cuore. Nel suo cuore è entrata la mondanità che anestetizza l’anima.

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  5. --> La mondanità è come un “buco nero” che ingoia il bene, che spegne l’amore, perché fagocita tutto nel proprio io. Allora si vedono solo le apparenze e non ci si accorge degli altri, perché si diventa indifferenti a tutto. Chi soffre questa grave cecità assume spesso comportamenti “strabici”: guarda con riverenza le persone famose, di alto rango, ammirate dal mondo, e distoglie lo sguardo dai tanti Lazzaro di oggi, dai poveri e dai sofferenti che sono i prediletti del Signore.

    Ma il Signore guarda a chi è trascurato e scartato dal mondo. Lazzaro è l’unico personaggio, in tutte le parabole di Gesù, ad essere chiamato per nome. Il suo nome vuol dire: “Dio aiuta”. Dio non lo dimentica, lo accoglierà nel banchetto del suo Regno, insieme ad Abramo, in una ricca comunione di affetti. L’uomo ricco, invece, nella parabola non ha neppure un nome; la sua vita cade dimenticata, perché chi vive per sé non fa la storia. E un cristiano deve fare la storia! Deve uscire da sé stesso, per fare la storia! Ma chi vive per sé non fa la storia. L’insensibilità di oggi scava abissi invalicabili per sempre. E noi siamo caduti, in questo momento, in questa malattia dell’indifferenza, dell’egoismo, della mondanità.
    C’è un altro particolare nella parabola, un contrasto. La vita opulenta di quest’uomo senza nome è descritta come ostentata: tutto in lui reclama bisogni e diritti. Anche da morto insiste per essere aiutato e pretende i suoi interessi. La povertà di Lazzaro, invece, si esprime con grande dignità: dalla sua bocca non escono lamenti, proteste o parole di disprezzo. È un insegnamento valido: come servitori della parola di Gesù siamo chiamati a non ostentare apparenza e a non ricercare gloria; nemmeno possiamo essere tristi o lamentosi. Non siamo profeti di sventura che si compiacciono di scovare pericoli o de­viazioni; non gente che si trincera nei propri ambienti, emettendo giudizi amari sulla società, sulla Chiesa, su tutto e tutti, inquinando il mondo di negatività. Lo scetticismo lamentevole non appartiene a chi è familiare con la Parola di Dio.

    Chi annuncia la speranza di Gesù è portatore di gioia e vede lontano, ha orizzonti, non ha un muro che lo chiude; vede lontano perché sa guardare al di là del male e dei problemi. Al tempo stesso vede bene da vicino, perché è attento al prossimo e alle sue necessità. Il Signore oggi ce lo chiede: dinanzi a tanti Lazzaro che vediamo, siamo chiamati a inquietarci, a trovare vie per incontrare e aiutare, senza delegare sempre ad altri o dire: “ti aiuterò domani, oggi non ho tempo, ti aiuterò domani”. E questo è un peccato. Il tempo per soccorrere gli altri è tempo donato a Gesù, è amore che rimane: è il nostro tesoro in cielo, che ci procuriamo qui sulla terra.
    In conclusione, cari catechisti e cari fratelli e sorelle, il Signore ci dia la grazia di essere rinnovati ogni giorno dalla gioia del primo annuncio: Gesù è morto e risorto, Gesù ci ama personalmente! Ci doni la forza di vivere e annunciare il comandamento dell’amore, superando la cecità dell’apparenza e le tristezze mondane. Ci renda sensibili ai poveri, che non sono un’appendice del Vangelo, ma una pagina centrale, sempre aperta davanti a tutti.



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