giovedì 4 agosto 2016

C- 19 DOM.T.O.


1 commento:

  1. S. FAUSTI – I discepoli, anche se sono “miriadi di folle”restano sempre un gregge col carattere della piccolezza ; perchè il suo Pastore si è fatto più piccolo di tutti. La Chiesa resterà sempre un piccolo gregge e non avrà mai la pretesa di diventare forte.
    Tante pecore insieme non faranno mai un lupo! Il Padre conosce il nostro vero bisogno : essere ciò che siamo, cioè suoi figli.Questo è il regno che ci ha donato Gesù.
    Chi tesorizza per sé, perde la vita e non arricchisce davanti a Dio. Il tesoro vero non è ciò che hai, ma ciò che dai : questo non viene meno neanche nella morte.
    Perchè chi dà al povero, fa un prestito a Dio.
    Questo tesoro non occorre né custodirlo né curarlo. Non è oggetto d'affanno e d'angoscia, perchè nessuno te lo sottrae e nessuno te lo distrugge.
    E' tuo e non ti viene mai meno : è la tua somiglianza di figlio col Padre.
    L'uomo diventa ciò che attende . Chi attende la morte, diventa suo figlio e produce morte. Chi fa dipendere la vita da ciò che ha, vive la morte come un ladro che ruba tutto.
    Chi attende il Signore Gesù , ha la sua stessa vita di figlio del Padre.
    Il tempo è pieno, gravido di eternità. Il momento della fine ci resta ignoto.
    Sappiamo però che segna l'incontro con “ il Figlio dell'uomo” che viene, e sappiamo che tutta la vita è un cammino verso di Lui.
    L'esistenza cristiana è attesa di colui che deve tornare : lo Sposo!
    Il discepolo non ha qui la sua patria. La casa della sua nostalgia è altrove.
    Straniero e pellegrino sulla terra, non ha quaggiù una città stabile, ma cerca quella futura,
    (Eb 13,14) , dove sta Colui che attende.
    La comunità di Luca è cosciente che il Signore non verrà tanto presto.
    Il momento del Suo ritorno sarà la notte, figura della morte personale , anticipo della notte cosmica.
    Ma il tempo dell'attesa non è vuoto.
    E' il tempo della salvezza , in cui la Chiesa testimonia il suo Signore davanti a tutto il mondo.
    La storia diventa il luogo della decisione e della conversione , della vigilanza e della fedeltà alla Parola, che ci trasforma a immagine del Figlio.
    La nostra vigilanza non è uno scrutare nel buio. E' un tenere accesa davanti al mondo la luce del Signore, continuando la sua missione tra i fratelli.
    Quando camminiamo come Lui ha camminato, prestiamo i piedi al Suo ritorno.
    La Sua venuta escatologica è vissuta quotidianamente nel banchetto eucaristico.
    La condizione per aprirgli è quella di essere uomini “in attesa”, coi lombi “cinti” e le “lampade ardenti”. Gli aprono subito perchè lo desiderano.
    Il credente veglia nella notte del mondo. Veglia perchè sa che in questa notte avviene qualcosa di grande : il Signore passa. E' la Sua Pasqua. Il Signore si cinge per servire chi è cinto : serve i suoi servi. Servire significa amare.
    La notte è ampia quanto la nostra vita , con le sue difficoltà. E il mondo conosce molte notti.
    L'Eucaristia ci rende capaci di condurre una vita luminosa e pasquale, fino a quando sorgerà il sole.
    Il regno viene quando il credente vive l'Eucaristia.
    Culmine e origine di tutta la vita cristiana, essa riporta nel presente il passato e il futuro di Gesù: il Signore Morto e Risorto si fa nostro cibo per farci condurre una vita pasquale in attesa
    del Suo ritorno.
    Tutti abbiamo ricevuto un grande dono .
    Il dono è fecondo come l'amore. Se resta sterile, non è ricevuto come dono d'amore.
    Il credente è chiamato a prendere seria conoscenza delle sue responsabilità davanti a Dio : deve testimoniarlo come e con Gesù davanti a tutto il mondo. Così diventerà ciò che è , figlio dell'Altissimo, ed entra in possesso di tutti i beni del suo Signore.

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