S. FAUSTI – I discepoli, anche se sono “miriadi di folle”restano sempre un gregge col carattere della piccolezza ; perchè il suo Pastore si è fatto più piccolo di tutti. La Chiesa resterà sempre un piccolo gregge e non avrà mai la pretesa di diventare forte. Tante pecore insieme non faranno mai un lupo! Il Padre conosce il nostro vero bisogno : essere ciò che siamo, cioè suoi figli.Questo è il regno che ci ha donato Gesù. Chi tesorizza per sé, perde la vita e non arricchisce davanti a Dio. Il tesoro vero non è ciò che hai, ma ciò che dai : questo non viene meno neanche nella morte. Perchè chi dà al povero, fa un prestito a Dio. Questo tesoro non occorre né custodirlo né curarlo. Non è oggetto d'affanno e d'angoscia, perchè nessuno te lo sottrae e nessuno te lo distrugge. E' tuo e non ti viene mai meno : è la tua somiglianza di figlio col Padre. L'uomo diventa ciò che attende . Chi attende la morte, diventa suo figlio e produce morte. Chi fa dipendere la vita da ciò che ha, vive la morte come un ladro che ruba tutto. Chi attende il Signore Gesù , ha la sua stessa vita di figlio del Padre. Il tempo è pieno, gravido di eternità. Il momento della fine ci resta ignoto. Sappiamo però che segna l'incontro con “ il Figlio dell'uomo” che viene, e sappiamo che tutta la vita è un cammino verso di Lui. L'esistenza cristiana è attesa di colui che deve tornare : lo Sposo! Il discepolo non ha qui la sua patria. La casa della sua nostalgia è altrove. Straniero e pellegrino sulla terra, non ha quaggiù una città stabile, ma cerca quella futura, (Eb 13,14) , dove sta Colui che attende. La comunità di Luca è cosciente che il Signore non verrà tanto presto. Il momento del Suo ritorno sarà la notte, figura della morte personale , anticipo della notte cosmica. Ma il tempo dell'attesa non è vuoto. E' il tempo della salvezza , in cui la Chiesa testimonia il suo Signore davanti a tutto il mondo. La storia diventa il luogo della decisione e della conversione , della vigilanza e della fedeltà alla Parola, che ci trasforma a immagine del Figlio. La nostra vigilanza non è uno scrutare nel buio. E' un tenere accesa davanti al mondo la luce del Signore, continuando la sua missione tra i fratelli. Quando camminiamo come Lui ha camminato, prestiamo i piedi al Suo ritorno. La Sua venuta escatologica è vissuta quotidianamente nel banchetto eucaristico. La condizione per aprirgli è quella di essere uomini “in attesa”, coi lombi “cinti” e le “lampade ardenti”. Gli aprono subito perchè lo desiderano. Il credente veglia nella notte del mondo. Veglia perchè sa che in questa notte avviene qualcosa di grande : il Signore passa. E' la Sua Pasqua. Il Signore si cinge per servire chi è cinto : serve i suoi servi. Servire significa amare. La notte è ampia quanto la nostra vita , con le sue difficoltà. E il mondo conosce molte notti. L'Eucaristia ci rende capaci di condurre una vita luminosa e pasquale, fino a quando sorgerà il sole. Il regno viene quando il credente vive l'Eucaristia. Culmine e origine di tutta la vita cristiana, essa riporta nel presente il passato e il futuro di Gesù: il Signore Morto e Risorto si fa nostro cibo per farci condurre una vita pasquale in attesa del Suo ritorno. Tutti abbiamo ricevuto un grande dono . Il dono è fecondo come l'amore. Se resta sterile, non è ricevuto come dono d'amore. Il credente è chiamato a prendere seria conoscenza delle sue responsabilità davanti a Dio : deve testimoniarlo come e con Gesù davanti a tutto il mondo. Così diventerà ciò che è , figlio dell'Altissimo, ed entra in possesso di tutti i beni del suo Signore.
S. FAUSTI – I discepoli, anche se sono “miriadi di folle”restano sempre un gregge col carattere della piccolezza ; perchè il suo Pastore si è fatto più piccolo di tutti. La Chiesa resterà sempre un piccolo gregge e non avrà mai la pretesa di diventare forte.
RispondiEliminaTante pecore insieme non faranno mai un lupo! Il Padre conosce il nostro vero bisogno : essere ciò che siamo, cioè suoi figli.Questo è il regno che ci ha donato Gesù.
Chi tesorizza per sé, perde la vita e non arricchisce davanti a Dio. Il tesoro vero non è ciò che hai, ma ciò che dai : questo non viene meno neanche nella morte.
Perchè chi dà al povero, fa un prestito a Dio.
Questo tesoro non occorre né custodirlo né curarlo. Non è oggetto d'affanno e d'angoscia, perchè nessuno te lo sottrae e nessuno te lo distrugge.
E' tuo e non ti viene mai meno : è la tua somiglianza di figlio col Padre.
L'uomo diventa ciò che attende . Chi attende la morte, diventa suo figlio e produce morte. Chi fa dipendere la vita da ciò che ha, vive la morte come un ladro che ruba tutto.
Chi attende il Signore Gesù , ha la sua stessa vita di figlio del Padre.
Il tempo è pieno, gravido di eternità. Il momento della fine ci resta ignoto.
Sappiamo però che segna l'incontro con “ il Figlio dell'uomo” che viene, e sappiamo che tutta la vita è un cammino verso di Lui.
L'esistenza cristiana è attesa di colui che deve tornare : lo Sposo!
Il discepolo non ha qui la sua patria. La casa della sua nostalgia è altrove.
Straniero e pellegrino sulla terra, non ha quaggiù una città stabile, ma cerca quella futura,
(Eb 13,14) , dove sta Colui che attende.
La comunità di Luca è cosciente che il Signore non verrà tanto presto.
Il momento del Suo ritorno sarà la notte, figura della morte personale , anticipo della notte cosmica.
Ma il tempo dell'attesa non è vuoto.
E' il tempo della salvezza , in cui la Chiesa testimonia il suo Signore davanti a tutto il mondo.
La storia diventa il luogo della decisione e della conversione , della vigilanza e della fedeltà alla Parola, che ci trasforma a immagine del Figlio.
La nostra vigilanza non è uno scrutare nel buio. E' un tenere accesa davanti al mondo la luce del Signore, continuando la sua missione tra i fratelli.
Quando camminiamo come Lui ha camminato, prestiamo i piedi al Suo ritorno.
La Sua venuta escatologica è vissuta quotidianamente nel banchetto eucaristico.
La condizione per aprirgli è quella di essere uomini “in attesa”, coi lombi “cinti” e le “lampade ardenti”. Gli aprono subito perchè lo desiderano.
Il credente veglia nella notte del mondo. Veglia perchè sa che in questa notte avviene qualcosa di grande : il Signore passa. E' la Sua Pasqua. Il Signore si cinge per servire chi è cinto : serve i suoi servi. Servire significa amare.
La notte è ampia quanto la nostra vita , con le sue difficoltà. E il mondo conosce molte notti.
L'Eucaristia ci rende capaci di condurre una vita luminosa e pasquale, fino a quando sorgerà il sole.
Il regno viene quando il credente vive l'Eucaristia.
Culmine e origine di tutta la vita cristiana, essa riporta nel presente il passato e il futuro di Gesù: il Signore Morto e Risorto si fa nostro cibo per farci condurre una vita pasquale in attesa
del Suo ritorno.
Tutti abbiamo ricevuto un grande dono .
Il dono è fecondo come l'amore. Se resta sterile, non è ricevuto come dono d'amore.
Il credente è chiamato a prendere seria conoscenza delle sue responsabilità davanti a Dio : deve testimoniarlo come e con Gesù davanti a tutto il mondo. Così diventerà ciò che è , figlio dell'Altissimo, ed entra in possesso di tutti i beni del suo Signore.