Il Signore ha nutrito il suo popolo con fiore di frumento e lo ha saziato di miele dalla roccia. (. Sal 80) Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre
Prima Lettura Offrì pane e vino. Dal libro della Gènesi Gen 14,18-20
In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 109 (110) R. Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore. Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». R.
Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici! R.
A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. R.
Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek». R.
Seconda Lettura Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore. Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1Cor 11,23-26
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Parola di Dio.
La Sequenza( facoltativa)
[Lauda, Sion Salvatórem, lauda ducem et pastórem in hymnis et cánticis.
Quantum potes, tantum aude: quia maior omni laude, nec laudáre súfficis.
Laudis thema speciális, panis vivus et vitális hódie propónitur.
Quem in sacræ mensa cenæ, turbæ fratrum duodénæ datum non ambígitur.
Sit laus plena, sit sonóra, sit iucúnda, sit decóra mentis iubilátio.
Dies enim solémnis ágitur, in qua mensæ prima recólitur huius institútio.
In hac mensa novi Regis, novum Pascha novæ legis, Phase vetus términat.
(it) Sion, loda il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore, con inni e cantici.
Impegna tutto il tuo fervore: egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno.
Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode.
Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena.
Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito.
Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena.
È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge; e l'antico è giunto a termine.
Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra.
Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo.
Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza.
È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino.
Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura.
È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi.
Mangi carne, bevi sangue: ma rimane Cristo intero in ciascuna specie.
Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve.
Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato.
Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca.
Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l'esito!
Quando spezzi il sacramento, non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell'intero.
È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona].
Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non dev'essere gettato.
Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell'agnello della Pasqua, nella manna data ai padri.
Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nùtrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo, nella gioia dei tuoi santi.
Acclamazione al Vangelo Alleluia, alleluia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. (Gv 6,51)
Alleluia Vangelo Tutti mangiarono a sazietà. Dal Vangelo secondo Luca Lc 9,11b-17
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Parola del Signore. PAROLE DEL SANTO PADRE Questi gesti anticipano quelli dell’Ultima Cena, che danno al pane di Gesù il suo significato più vero. Il pane di Dio è Gesù stesso. Facendo la Comunione con Lui, riceviamo la sua vita in noi e diventiamo figli del Padre celeste e fratelli tra di noi. Facendo la comunione ci incontriamo con Gesù realmente vivo e risorto! Partecipare all’Eucaristia significa entrare nella logica di Gesù, la logica della gratuità, della condivisione. E per quanto siamo poveri, tutti possiamo donare qualcosa. “Fare la Comunione” significa anche attingere da Cristo la grazia che ci rende capaci di condividere con gli altri ciò che siamo e ciò che abbiamo. (Angelus, Piazza San Pietro, 26 luglio 2015)
FAUSTI - L'esperienza quotidiana dell'Eucaristia ci trasferisce nell'ottavo giorno, l'oggi della trasfigurazione, perchè ci rende presenti al suo dono di amore eterno. Il suo pane è la nostra vita e ci abilita, come Elia, al lungo cammino di quaranta giorni, fino al monte della rivelazione di Dio (1Re19,8). Il luogo in cui si riconosce Gesù non è la curiosità di Erode, che lo vuol controllare e tenere in mano, ma la fragranza del pane e la meraviglia stupefatta del discepolo che ne gusta. Lo spezzare del pane è rivelazione oggettiva del suo amore per me . Lo ricordo, lo porto al mio cuore, al centro di me stesso e mi lascio interpellare da esso ,cercando di rispondere. La fede è questo dialogo che si fa vita comune, il suo amore che si fa mio pane e mi nutre. La lettura che Luca fa di questo banchetto , strettamente cristologica, segna il punto d'arrivo della missione : l'attività apostolica porta a conoscere il Signore Gesù e ha il suo “culmine” e coronamento nell'Eucaristia, che ne è anche l'”origine”. Essa è fondamento e compimento insieme della Chiesa, suo principio e suo fine! Il racconto ha come sottofondo l'attesa del banchetto messianico nel deserto, analogo a quello che Dio imbandì al suo popolo (Is.25,6... Os 11,4) . Alla fine Egli si rivela completamente, ci fa entrare nel suo mistero di morte e resurrezione, e ci prende con sé nel suo viaggio a Gerusalemme. E' la danza, che invece del lutto, conclude ormai la fatica umana. Tutti i verbi sono all'aoristo( azione precisa, una volta x tutte), “prendere, levare gli occhi, benedire, spezzare, dare ai discepoli, porgere, mangiare e essere sazi” il dare è all'imperfetto : è iniziato allora e continua ancora e sempre nelle mani dei discepoli, succeduti ai dodici, che distribuiscono sempre l'unico Pane che sazia la fame di ogni vivente. Tutto il Vangelo è un commento a queste Parole, una catechesi sull'Eucaristia, arrivo e partenza della missione, culmine e sorgente della vita cristiana.. Essa introduce ogni uomo nei misteri di Dio, facendolo familiare con Lui e rendendolo partecipe del dialogo Padre/Figlio, fino a quando ( con annuncio ed Eucaristia) Dio sarà tutto in tutti e la Sua Gloria sarà testimoniata fino agli estremi confini della terra. Essa pone chi la celebra nel cuore del mistero di Dio, nella memoria della sua passione per noi, nell'anticipo della resurrezione e nell'attesa del suo ritorno. Gli apostoli, i dodici, chiamati poi discepoli, come quelli che ne continueranno l'azione, sono i servi di questo banchetto.Convocano, accolgono, ricevono e distribuiscono a tutti il pane spezzato e donato dal Signore. L'avanzo non viene riposto, (come la manna in Es. 16,32) ma è ciò che i discepoli hanno sempre in serbo per donare a tutti e per sempre. A differenza della manna che perisce, questo non perisce mai. Ha anzi il potere di preservare dalla morte chi ne mangia. In esso il Signore vuole e e può finalmente rivelare il mistero di amore verso il Padre e verso di noi. Questo Pane ci pone al centro della Trinità, come figli nel Figlio, e ci fa come Lui ascoltatori della Parola del Padre che trasfigura il volto. Il centro di questo brano è il dire le Parole dell'ultima Cena. Ora la presenza del Dio che nell'Esodo sazia il suo popolo, è sostituita da Cristo che spezza il pane. Il dare da mangiare a tutti, compiuto dai discepoli, su ordine del Signore, riecheggia il “Fate questo in memoria di me” (di ogni preghiera Eucaristica nel dono senza misura della Consacrazione).
Parrocchia di S. Maria Consolatrice Domenica, 23 giugno 2019
La Parola di Dio ci aiuta oggi a riscoprire due verbi semplici, due verbi essenziali per la vita di ogni giorno: dire e dare.
Dire. Melchisedek, nella prima Lettura, dice: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, e benedetto sia il Dio altissimo» (Gen 14,19-20). Il dire di Melchisedek è benedire. Benedice Abramo, nel quale saranno benedette tutte le famiglie della terra (cfr Gen 12,3; Gal 3,8). Tutto parte dalla benedizione: le parole di bene generano una storia di bene. Lo stesso accade nel Vangelo: prima di moltiplicare i pani, Gesù li benedice: «prese i cinque pani, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli» (Lc 9,16). La benedizione fa di cinque pani il cibo per una moltitudine: fa sgorgare una cascata di bene.
Perché benedire fa bene? Perché è trasformare la parola in dono. Quando si benedice, non si fa qualcosa per sé, ma per gli altri. Benedire non è dire belle parole, non è usare parole di circostanza: no; è dire bene, dire con amore. Così ha fatto Melchisedek, dicendo spontaneamente bene di Abramo, senza che questi avesse detto o fatto qualcosa per lui. Così ha fatto Gesù, mostrando il significato della benedizione con la distribuzione gratuita dei pani. Quante volte anche noi siamo stati benedetti, in chiesa o nelle nostre case, quante volte abbiamo ricevuto parole che ci hanno fatto bene, o un segno di croce sulla fronte… Siamo diventati benedetti il giorno del Battesimo, e alla fine di ogni Messa veniamo benedetti. L’Eucaristia è una scuola di benedizione. Dio dice bene di noi, suoi figli amati, e così ci incoraggia ad andare avanti. E noi benediciamo Dio nelle nostre assemblee (cfr Sal 68,27), ritrovando il gusto della lode, che libera e guarisce il cuore. Veniamo a Messa con la certezza di essere benedetti dal Signore, e usciamo per benedire a nostra volta, per essere canali di bene nel mondo.
Anche per noi: è importante che noi Pastori ci ricordiamo di benedire il popolo di Dio. Cari sacerdoti, non abbiate paura di benedire, benedire il popolo di Dio; cari sacerdoti, andate avanti con la benedizione: il Signore desidera dire bene del suo popolo, è contento di far sentire il suo affetto per noi. E solo da benedetti possiamo benedire gli altri con la stessa unzione d’amore. È triste invece vedere con quanta facilità oggi si fa il contrario: si maledice, si disprezza, si insulta. Presi da troppa frenesia, non ci si contiene e si sfoga rabbia su tutto e tutti. Spesso purtroppo chi grida di più e più forte, chi è più arrabbiato sembra avere ragione e raccogliere consenso. Non lasciamoci contagiare dall’arroganza, non lasciamoci invadere dall’amarezza, noi che mangiamo il Pane che porta in sé ogni dolcezza. Il popolo di Dio ama la lode, non vive di lamentele; è fatto per le benedizioni, non per le lamentazioni. Davanti all’Eucaristia, a Gesù fattosi Pane, a questo Pane umile che racchiude il tutto della Chiesa, impariamo a benedire ciò che abbiamo, a lodare Dio, a benedire e a non maledire il nostro passato, a donare parole buone agli altri.
Il secondo verbo è dare. Al “dire” segue il “dare”, come per Abramo che, benedetto da Melchisedek, «diede a lui la decima di tutto» (Gen 14,20). Come per Gesù che, dopo aver recitato la benedizione, dava il pane perché fosse distribuito, svelandone così il significato più bello: il pane non è solo prodotto di consumo, è mezzo di condivisione. Infatti, sorprendentemente, nel racconto della moltiplicazione dei pani non si parla mai di moltiplicare. Al contrario, i verbi utilizzati sono “spezzare, dare, distribuire” (cfr Lc 9,16). Insomma, non si sottolinea la moltiplicazione, ma la con-divisione. È importante: Gesù non fa una magia, non trasforma i cinque pani in cinquemila per poi dire: “Adesso distribuiteli”. No. Gesù prega, benedice quei cinque pani e comincia a spezzarli, fidandosi del Padre. E quei cinque pani non finiscono più. Questa non è magia, è fiducia in Dio e nella sua provvidenza.
->Nel mondo sempre si cerca di aumentare i guadagni, di far lievitare i fatturati… Sì, ma qual è il fine? È il dare o l’avere? Il condividere o l’accumulare? L’“economia” del Vangelo moltiplica condividendo, nutre distribuendo, non soddisfa la voracità di pochi, ma dà vita al mondo (cfr Gv 6,33). Non avere, ma dare è il verbo di Gesù.
È perentoria la richiesta che Lui fa ai discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13). Proviamo a immaginare i ragionamenti che avranno fatto i discepoli: “Non abbiamo pane per noi e dobbiamo pensare agli altri. Perché dobbiamo dare loro da mangiare, se loro sono venuti ad ascoltare il nostro Maestro? Se non hanno portato da mangiare, tornino a casa, è un problema loro, oppure ci diano dei soldi e compreremo”. Non sono ragionamenti sbagliati, ma non sono quelli di Gesù, che non sente ragioni: voi stessi date loro da mangiare. Ciò che abbiamo porta frutto se lo diamo – ecco cosa vuole dire Gesù –; e non importa che sia poco o tanto. Il Signore fa grandi cose con la nostra pochezza, come con i cinque pani. Egli non compie prodigi con azioni spettacolari, non ha la bacchetta magica, ma agisce con cose umili. Quella di Dio è un’onnipotenza umile, fatta solo di amore. E l’amore fa grandi cose con le piccole cose. L’Eucaristia ce lo insegna: lì c’è Dio racchiuso in un pezzetto di pane. Semplice, essenziale, Pane spezzato e condiviso, l’Eucaristia che riceviamo ci trasmette la mentalità di Dio. E ci porta a dare noi stessi agli altri l’antidoto contro il “mi spiace, ma non mi riguarda”, contro il “non ho tempo, non posso, non è affare mio”. Contro il guardare dall’altra parte.
Nella nostra città affamata di amore e di cura, che soffre di degrado e abbandono, davanti a tanti anziani soli, a famiglie in difficoltà, a giovani che stentano a guadagnarsi il pane e ad alimentare i sogni, il Signore ti dice: “Tu stesso da’ loro da mangiare”. E tu puoi rispondere: “Ho poco, non sono capace per queste cose”. Non è vero, il tuo poco è tanto agli occhi di Gesù se non lo tieni per te, se lo metti in gioco. Anche tu, mettiti in gioco. E non sei solo: hai l’Eucaristia, il Pane del cammino, il Pane di Gesù. Anche stasera saremo nutriti dal suo Corpo donato. Se lo accogliamo col cuore, questo Pane sprigionerà in noi la forza dell’amore: ci sentiremo benedetti e amati, e vorremo benedire e amare, a cominciare da qui, dalla nostra città, dalle strade che stasera percorreremo. Il Signore viene sulle nostre strade per dire-bene, dire bene di noi e per darci coraggio, dare coraggio a noi. Chiede anche a noi di essere benedizione e dono.
Il Signore ha nutrito il suo popolo con fiore di frumento
RispondiEliminae lo ha saziato di miele dalla roccia. (. Sal 80)
Signore Gesù Cristo,
che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia
ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua,
fa’ che adoriamo con viva fede
il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue,
per sentire sempre in noi i benefici della redenzione.
Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre
Prima Lettura
Offrì pane e vino.
Dal libro della Gènesi
Gen 14,18-20
In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 109 (110)
R. Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.
Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi». R.
Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici! R.
A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell’aurora,
come rugiada, io ti ho generato. R.
Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek». R.
Seconda Lettura
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1Cor 11,23-26
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Parola di Dio.
La Sequenza( facoltativa)
[Lauda, Sion Salvatórem,
lauda ducem et pastórem
in hymnis et cánticis.
Quantum potes, tantum aude:
quia maior omni laude,
nec laudáre súfficis.
Laudis thema speciális,
panis vivus et vitális
hódie propónitur.
Quem in sacræ mensa cenæ,
turbæ fratrum duodénæ
datum non ambígitur.
Sit laus plena, sit sonóra,
sit iucúnda, sit decóra
mentis iubilátio.
Dies enim solémnis ágitur,
in qua mensæ prima recólitur
huius institútio.
In hac mensa novi Regis,
novum Pascha novæ legis,
Phase vetus términat.
Vetustátem nóvitas,
umbram fugat véritas,
noctem lux elíminat.
Quod in cena Christus gessit,
faciéndum hoc expréssit
in sui memóriam.
Docti sacris institútis,
panem, vinum in salútis
consecrámus hóstiam.
Dogma datur christiánis,
quod in carnem transit panis,
et vinum in sánguinem.
Quod non capis, quod non vides,
animósa firmat fides,
præter rerum órdinem.
Sub divérsis speciébus,
signis tantum, et non rebus,
latent res exímiæ.
Caro cibus, sanguis potus:
manet tamen Christus totus,
sub utráque spécie.
A suménte non concísus,
non confráctus, non divísus:
ínteger accípitur.
Sumit unus, sumunt mille:
quantum isti, tantum ille:
nec sumptus consúmitur.
Sumunt boni, sumunt mali:
sorte tamen inæquáli,
vitæ vel intéritus.
Mors est malis, vita bonis:
vide paris sumptiónis
quam sit dispar éxitus.
Fracto demum sacraménto,
ne vacílles, sed meménto,
tantum esse sub fragménto,
quantum toto tégitur.
Nulla rei fit scissúra,
signi tantum fit fractúra,
qua nec status, nec statúra
signáti minúitur].
Ecce panis angelórum,
factus cibus viatórum:
vere panis fíliórum,
non mitténdus cánibus.
In figúris præsignátur,
cum Isaac immolátur:
agnus paschæ deputátur,
datur manna pátribus.
Bone Pastor, panis vere,
Iesu, nostri miserére:
tu nos pasce, nos tuére:
tu nos bona fac vidére
in terra vivéntium.
Tu, qui cuncta scis et vales:
qui nos pascis hic mortáles:
tuos ibi commensáles,
coherédes et sodáles
fac sanctórum cívium.
(it) Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore,
con inni e cantici.
Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.
Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.
Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.
Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
Mangi carne, bevi sangue:
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l'esito!
Quando spezzi il sacramento,
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell'intero.
È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona].
Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev'essere gettato.
Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nùtrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo,
nella gioia dei tuoi santi.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. (Gv 6,51)
Alleluia
Vangelo
Tutti mangiarono a sazietà.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9,11b-17
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Parola del Signore.
PAROLE DEL SANTO PADRE
Questi gesti anticipano quelli dell’Ultima Cena, che danno al pane di Gesù il suo significato più vero. Il pane di Dio è Gesù stesso. Facendo la Comunione con Lui, riceviamo la sua vita in noi e diventiamo figli del Padre celeste e fratelli tra di noi. Facendo la comunione ci incontriamo con Gesù realmente vivo e risorto! Partecipare all’Eucaristia significa entrare nella logica di Gesù, la logica della gratuità, della condivisione. E per quanto siamo poveri, tutti possiamo donare qualcosa. “Fare la Comunione” significa anche attingere da Cristo la grazia che ci rende capaci di condividere con gli altri ciò che siamo e ciò che abbiamo. (Angelus, Piazza San Pietro, 26 luglio 2015)
FAUSTI - L'esperienza quotidiana dell'Eucaristia ci trasferisce nell'ottavo giorno, l'oggi della trasfigurazione, perchè ci rende presenti al suo dono di amore eterno.
RispondiEliminaIl suo pane è la nostra vita e ci abilita, come Elia, al lungo cammino di quaranta giorni, fino al monte della rivelazione di Dio (1Re19,8). Il luogo in cui si riconosce Gesù non è la curiosità di Erode, che lo vuol controllare e tenere in mano, ma la fragranza del pane e la meraviglia stupefatta del discepolo che ne gusta.
Lo spezzare del pane è rivelazione oggettiva del suo amore per me .
Lo ricordo, lo porto al mio cuore, al centro di me stesso e mi lascio interpellare da esso ,cercando di rispondere.
La fede è questo dialogo che si fa vita comune, il suo amore che si fa mio pane e mi nutre.
La lettura che Luca fa di questo banchetto , strettamente cristologica, segna il punto d'arrivo della missione : l'attività apostolica porta a conoscere il Signore Gesù e ha il suo “culmine” e coronamento nell'Eucaristia, che ne è anche l'”origine”.
Essa è fondamento e compimento insieme della Chiesa, suo principio e suo fine!
Il racconto ha come sottofondo l'attesa del banchetto messianico nel deserto, analogo a quello che Dio imbandì al suo popolo (Is.25,6... Os 11,4) .
Alla fine Egli si rivela completamente, ci fa entrare nel suo mistero di morte e resurrezione, e ci prende con sé nel suo viaggio a Gerusalemme.
E' la danza, che invece del lutto, conclude ormai la fatica umana.
Tutti i verbi sono all'aoristo( azione precisa, una volta x tutte),
“prendere,
levare gli occhi,
benedire,
spezzare,
dare ai discepoli,
porgere,
mangiare e essere sazi”
il dare è all'imperfetto : è iniziato allora e continua ancora e sempre nelle mani dei discepoli, succeduti ai dodici, che distribuiscono sempre l'unico Pane che sazia la fame di ogni vivente.
Tutto il Vangelo è un commento a queste Parole, una catechesi sull'Eucaristia, arrivo e partenza della missione, culmine e sorgente della vita cristiana..
Essa introduce ogni uomo nei misteri di Dio, facendolo familiare con Lui e rendendolo partecipe del dialogo Padre/Figlio, fino a quando ( con annuncio ed Eucaristia) Dio sarà tutto in tutti e la Sua Gloria sarà testimoniata fino agli estremi confini della terra.
Essa pone chi la celebra nel cuore del mistero di Dio, nella memoria della sua passione per noi, nell'anticipo della resurrezione e nell'attesa del suo ritorno.
Gli apostoli, i dodici, chiamati poi discepoli, come quelli che ne continueranno l'azione, sono i servi di questo banchetto.Convocano, accolgono, ricevono e distribuiscono a tutti il pane spezzato e donato dal Signore.
L'avanzo non viene riposto, (come la manna in Es. 16,32) ma è ciò che i discepoli hanno sempre in serbo per donare a tutti e per sempre.
A differenza della manna che perisce, questo non perisce mai. Ha anzi il potere di preservare dalla morte chi ne mangia. In esso il Signore vuole e e può finalmente rivelare il mistero di amore verso il Padre e verso di noi.
Questo Pane ci pone al centro della Trinità, come figli nel Figlio, e ci fa come Lui ascoltatori della Parola del Padre che trasfigura il volto.
Il centro di questo brano è il dire le Parole dell'ultima Cena.
Ora la presenza del Dio che nell'Esodo sazia il suo popolo, è sostituita da Cristo che spezza il pane.
Il dare da mangiare a tutti, compiuto dai discepoli, su ordine del Signore, riecheggia il “Fate questo in memoria di me” (di ogni preghiera Eucaristica nel dono senza misura della Consacrazione).
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
RispondiEliminaParrocchia di S. Maria Consolatrice
Domenica, 23 giugno 2019
La Parola di Dio ci aiuta oggi a riscoprire due verbi semplici, due verbi essenziali per la vita di ogni giorno: dire e dare.
Dire. Melchisedek, nella prima Lettura, dice: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, e benedetto sia il Dio altissimo» (Gen 14,19-20). Il dire di Melchisedek è benedire. Benedice Abramo, nel quale saranno benedette tutte le famiglie della terra (cfr Gen 12,3; Gal 3,8). Tutto parte dalla benedizione: le parole di bene generano una storia di bene. Lo stesso accade nel Vangelo: prima di moltiplicare i pani, Gesù li benedice: «prese i cinque pani, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli» (Lc 9,16). La benedizione fa di cinque pani il cibo per una moltitudine: fa sgorgare una cascata di bene.
Perché benedire fa bene? Perché è trasformare la parola in dono. Quando si benedice, non si fa qualcosa per sé, ma per gli altri. Benedire non è dire belle parole, non è usare parole di circostanza: no; è dire bene, dire con amore. Così ha fatto Melchisedek, dicendo spontaneamente bene di Abramo, senza che questi avesse detto o fatto qualcosa per lui. Così ha fatto Gesù, mostrando il significato della benedizione con la distribuzione gratuita dei pani. Quante volte anche noi siamo stati benedetti, in chiesa o nelle nostre case, quante volte abbiamo ricevuto parole che ci hanno fatto bene, o un segno di croce sulla fronte… Siamo diventati benedetti il giorno del Battesimo, e alla fine di ogni Messa veniamo benedetti. L’Eucaristia è una scuola di benedizione. Dio dice bene di noi, suoi figli amati, e così ci incoraggia ad andare avanti. E noi benediciamo Dio nelle nostre assemblee (cfr Sal 68,27), ritrovando il gusto della lode, che libera e guarisce il cuore. Veniamo a Messa con la certezza di essere benedetti dal Signore, e usciamo per benedire a nostra volta, per essere canali di bene nel mondo.
Anche per noi: è importante che noi Pastori ci ricordiamo di benedire il popolo di Dio. Cari sacerdoti, non abbiate paura di benedire, benedire il popolo di Dio; cari sacerdoti, andate avanti con la benedizione: il Signore desidera dire bene del suo popolo, è contento di far sentire il suo affetto per noi. E solo da benedetti possiamo benedire gli altri con la stessa unzione d’amore. È triste invece vedere con quanta facilità oggi si fa il contrario: si maledice, si disprezza, si insulta. Presi da troppa frenesia, non ci si contiene e si sfoga rabbia su tutto e tutti. Spesso purtroppo chi grida di più e più forte, chi è più arrabbiato sembra avere ragione e raccogliere consenso. Non lasciamoci contagiare dall’arroganza, non lasciamoci invadere dall’amarezza, noi che mangiamo il Pane che porta in sé ogni dolcezza. Il popolo di Dio ama la lode, non vive di lamentele; è fatto per le benedizioni, non per le lamentazioni. Davanti all’Eucaristia, a Gesù fattosi Pane, a questo Pane umile che racchiude il tutto della Chiesa, impariamo a benedire ciò che abbiamo, a lodare Dio, a benedire e a non maledire il nostro passato, a donare parole buone agli altri.
Il secondo verbo è dare. Al “dire” segue il “dare”, come per Abramo che, benedetto da Melchisedek, «diede a lui la decima di tutto» (Gen 14,20). Come per Gesù che, dopo aver recitato la benedizione, dava il pane perché fosse distribuito, svelandone così il significato più bello: il pane non è solo prodotto di consumo, è mezzo di condivisione. Infatti, sorprendentemente, nel racconto della moltiplicazione dei pani non si parla mai di moltiplicare. Al contrario, i verbi utilizzati sono “spezzare, dare, distribuire” (cfr Lc 9,16). Insomma, non si sottolinea la moltiplicazione, ma la con-divisione. È importante: Gesù non fa una magia, non trasforma i cinque pani in cinquemila per poi dire: “Adesso distribuiteli”. No. Gesù prega, benedice quei cinque pani e comincia a spezzarli, fidandosi del Padre. E quei cinque pani non finiscono più. Questa non è magia, è fiducia in Dio e nella sua provvidenza.
->Nel mondo sempre si cerca di aumentare i guadagni, di far lievitare i fatturati… Sì, ma qual è il fine? È il dare o l’avere? Il condividere o l’accumulare? L’“economia” del Vangelo moltiplica condividendo, nutre distribuendo, non soddisfa la voracità di pochi, ma dà vita al mondo (cfr Gv 6,33). Non avere, ma dare è il verbo di Gesù.
RispondiEliminaÈ perentoria la richiesta che Lui fa ai discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13). Proviamo a immaginare i ragionamenti che avranno fatto i discepoli: “Non abbiamo pane per noi e dobbiamo pensare agli altri. Perché dobbiamo dare loro da mangiare, se loro sono venuti ad ascoltare il nostro Maestro? Se non hanno portato da mangiare, tornino a casa, è un problema loro, oppure ci diano dei soldi e compreremo”. Non sono ragionamenti sbagliati, ma non sono quelli di Gesù, che non sente ragioni: voi stessi date loro da mangiare. Ciò che abbiamo porta frutto se lo diamo – ecco cosa vuole dire Gesù –; e non importa che sia poco o tanto. Il Signore fa grandi cose con la nostra pochezza, come con i cinque pani. Egli non compie prodigi con azioni spettacolari, non ha la bacchetta magica, ma agisce con cose umili. Quella di Dio è un’onnipotenza umile, fatta solo di amore. E l’amore fa grandi cose con le piccole cose. L’Eucaristia ce lo insegna: lì c’è Dio racchiuso in un pezzetto di pane. Semplice, essenziale, Pane spezzato e condiviso, l’Eucaristia che riceviamo ci trasmette la mentalità di Dio. E ci porta a dare noi stessi agli altri l’antidoto contro il “mi spiace, ma non mi riguarda”, contro il “non ho tempo, non posso, non è affare mio”. Contro il guardare dall’altra parte.
Nella nostra città affamata di amore e di cura, che soffre di degrado e abbandono, davanti a tanti anziani soli, a famiglie in difficoltà, a giovani che stentano a guadagnarsi il pane e ad alimentare i sogni, il Signore ti dice: “Tu stesso da’ loro da mangiare”. E tu puoi rispondere: “Ho poco, non sono capace per queste cose”. Non è vero, il tuo poco è tanto agli occhi di Gesù se non lo tieni per te, se lo metti in gioco. Anche tu, mettiti in gioco. E non sei solo: hai l’Eucaristia, il Pane del cammino, il Pane di Gesù. Anche stasera saremo nutriti dal suo Corpo donato. Se lo accogliamo col cuore, questo Pane sprigionerà in noi la forza dell’amore: ci sentiremo benedetti e amati, e vorremo benedire e amare, a cominciare da qui, dalla nostra città, dalle strade che stasera percorreremo. Il Signore viene sulle nostre strade per dire-bene, dire bene di noi e per darci coraggio, dare coraggio a noi. Chiede anche a noi di essere benedizione e dono.