Volgi lo sguardo, Signore, alla tua alleanza, non dimenticare per sempre la vita dei tuoi poveri. Alzati, o Dio, difendi la mia causa, non dimenticare la supplica di chi ti invoca. (Cf. Sal 73,20.19.22)
Dio onnipotente ed eterno, guidati dallo Spirito Santo, osiamo invocarti con il nome di Padre: fa’ crescere nei nostri cuori lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
O Dio, fedele alle tue promesse, che ti sei rivelato al nostro padre Abramo, donaci di vivere come pellegrini in questo mondo, affinché, vigilanti nell’attesa, possiamo accogliere il tuo Figlio nell’ora della sua venuta. Egli è Dio, e vive e regna con te.
Prima Lettura Come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. Dal libro della Sapienza Sap 18,6-9
La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 32 (33) R. Beato il popolo scelto dal Signore. Esultate, o giusti, nel Signore; per gli uomini retti è bella la lode. Beata la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità. R.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. R.
L’anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo. R.
Seconda Lettura Aspettava la città il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Dalla lettera agli Ebrei Eb 11,1-2.8-19
Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.
Vegliate e tenetevi pronti, perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. (Mt 24,42a.44)
Alleluia.
Vangelo Anche voi tenetevi pronti. Dal Vangelo secondo Luca Lc 12,32-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
FAUSTI – I discepoli, anche se sono “miriadi di folle” restano sempre un gregge col carattere della piccolezza ; perchè il suo Pastore si è fatto più piccolo di tutti. La Chiesa resterà sempre un piccolo gregge e non avrà mai la pretesa di diventare forte. Tante pecore insieme non faranno mai un lupo! Il Padre conosce il nostro vero bisogno : essere ciò che siamo, cioè suoi figli. Questo è il regno che ci ha donato Gesù. Chi tesorizza per sé, perde la vita e non arricchisce davanti a Dio. Il tesoro vero non è ciò che hai, ma ciò che dai : questo non viene meno neanche nella morte. Perchè chi dà al povero, fa un prestito a Dio. Questo tesoro non occorre né custodirlo né curarlo. Non è oggetto d'affanno e d'angoscia, perchè nessuno te lo sottrae e nessuno te lo distrugge. E' tuo e non ti viene mai meno : è la tua somiglianza di figlio col Padre. L'uomo diventa ciò che attende . Chi attende la morte, diventa suo figlio e produce morte. Chi fa dipendere la vita da ciò che ha, vive la morte come un ladro che ruba tutto. Chi attende il Signore Gesù , ha la sua stessa vita di figlio del Padre. Il tempo è pieno, gravido di eternità. Il momento della fine ci resta ignoto. Sappiamo però che segna l'incontro con “ il Figlio dell'uomo” che viene, e sappiamo che tutta la vita è un cammino verso di Lui. L'esistenza cristiana è attesa di colui che deve tornare : lo Sposo! Il discepolo non ha qui la sua patria. La casa della sua nostalgia è altrove. Straniero e pellegrino sulla terra, non ha quaggiù una città stabile, ma cerca quella futura, (Eb 13,14) , dove sta Colui che attende. La comunità di Luca è cosciente che il Signore non verrà tanto presto. Il momento del Suo ritorno sarà la notte, figura della morte personale , anticipo della notte cosmica. Ma il tempo dell'attesa non è vuoto. E' il tempo della salvezza , in cui la Chiesa testimonia il suo Signore davanti a tutto il mondo. La storia diventa il luogo della decisione e della conversione , della vigilanza e della fedeltà alla Parola, che ci trasforma a immagine del Figlio. La nostra vigilanza non è uno scrutare nel buio. E' un tenere accesa davanti al mondo la luce del Signore, continuando la sua missione tra i fratelli. Quando camminiamo come Lui ha camminato, prestiamo i piedi al Suo ritorno. La Sua venuta escatologica è vissuta quotidianamente nel banchetto eucaristico. La condizione per aprirgli è quella di essere uomini “in attesa”, coi lombi “cinti” e le “lampade ardenti”. Gli aprono subito perchè lo desiderano. Il credente veglia nella notte del mondo. Veglia perchè sa che in questa notte avviene qualcosa di grande : il Signore passa. E' la Sua Pasqua. Il Signore si cinge per servire chi è cinto : serve i suoi servi. Servire significa amare. La notte è ampia quanto la nostra vita , con le sue difficoltà. E il mondo conosce molte notti. L'Eucaristia ci rende capaci di condurre una vita luminosa e pasquale, fino a quando sorgerà il sole. Il regno viene quando il credente vive l'Eucaristia. Culmine e origine di tutta la vita cristiana, essa riporta nel presente il passato e il futuro di Gesù: il Signore Morto e Risorto si fa nostro cibo per farci condurre una vita pasquale in attesa del Suo ritorno. Tutti abbiamo ricevuto un grande dono . Il dono è fecondo come l'amore. Se resta sterile, non è ricevuto come dono d'amore. Il credente è chiamato a prendere seria conoscenza delle sue responsabilità davanti a Dio : deve testimoniarlo come e con Gesù davanti a tutto il mondo. Così diventerà ciò che è , figlio dell'Altissimo, ed entra in possesso di tutti i beni del suo Signore.
GIOVANNI PAOLO II – ANGELUS - Castel Gandolfo - Domenica, 10 agosto 1980 1. “La FEDE è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”(Eb 11, 1). Con queste parole ci parla l’autore della Lettera agli Ebrei nella seconda lettura della messa di oggi. La FEDE, che fa passare l’uomo dal mondo delle cose visibili alla realtà invisibile di Dio e alla vita eterna, rassomiglia a quel cammino, al quale fu chiamato da Dio ABRAMO - qualificato perciò come “padre di tutti coloro che credono” (cf. Rm 4, 11.12). In seguito leggiamo nella Lettera agli Ebrei: “Per FEDE ABRAMO, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per FEDE soggiornò nella terra promessa . . .” (Eb 11, 8-9). Sì, è così. La FEDE è il pellegrinaggio spirituale in cui l’uomo s’incammina, seguendo la parola del Dio vivente, per arrivare alla terra della pace promessa e della felicità, all’unione con Dio “faccia a faccia”; a quella unione che riempirà, nel cuore umano, la fame e la sete più profonda: la fame della verità e la sete dell’amore. Perciò, come ascoltiamo in seguito nella liturgia dell’odierna domenica, l’atteggiamento di spirito, che si addice al credente, è l’atteggiamento di vigilanza: “Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate” (Lc 12, 40). Una simile vigilanza è anche l’espressione dell’aspirazione spirituale a Dio mediante la FEDE.
BENEDETTO XVI - ANGELUS - Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Domenica, 8 agosto 2010 Nel brano evangelico di questa domenica, continua il discorso di Gesù ai discepoli sul valore della persona agli occhi di Dio e sull’inutilità delle preoccupazioni terrene. Non si tratta di un elogio al disimpegno. Anzi, ascoltando l’invito rassicurante di Gesù «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno» (Lc 12,32), il nostro cuore viene aperto ad una speranza che illumina e anima l’esistenza concreta: abbiamo la certezza che «il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova» (Enc. Spe Salvi, 2 ). Come leggiamo nel brano della Lettera agli Ebrei nella Liturgia odierna, ABRAMO s’inoltra con cuore fiducioso nella speranza che Dio gli apre: la promessa di una terra e di una «discendenza numerosa» e parte «senza sapere dove andava», confidando solo in Dio (cfr 11,8-12). E Gesù nel Vangelo di oggi – attraverso tre parabole – illustra come l’attesa del compimento della «beata speranza», la sua venuta, deve spingere ancora di più ad una vita intensa, ricca di opere buone: «Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma» E’ un invito ad usare le cose senza egoismo, sete di possesso o di dominio, ma secondo la logica di Dio, la logica dell’attenzione all’altro, la logica dell’amore: come scrive sinteticamente Romano Guardini, «nella forma d’una relazione: a partire da Dio, in vista di Dio» (Accettare se stessi, Brescia 1992, 44). Confidiamo nel sostegno materno della VERGINE MARIA, Regina dei Santi che amorosamente condivide il nostro pellegrinaggio. A Lei rivolgiamo la nostra preghiera.
PAPA FRANCESCO – ANGELUS 11 agosto 2019 Nell’odierna pagina evangelica , Gesù richiama i suoi discepoli alla continua vigilanza. Perché? Per cogliere il passaggio di Dio nella propria vita, perché Dio continuamente passa nella vita. E indica le modalità per vivere bene questa vigilanza: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese» . Anzitutto «le vesti strette ai fianchi», un’immagine che richiama l’atteggiamento del pellegrino, pronto per mettersi in cammino. Si tratta di non mettere radici in comode e rassicuranti dimore, ma di abbandonarsi, di essere aperti con semplicità e fiducia al passaggio di Dio nella nostra vita, alla volontà di Dio, che ci guida verso la meta successiva. Il Signore sempre cammina con noi e tante volte ci accompagna per mano, per guidarci, perché non sbagliamo in questo cammino così difficile. Infatti, chi si fida di Dio sa bene che la vita di FEDE non è qualcosa di statico, ma è dinamica! La vita di FEDE è un percorso continuo, per dirigersi verso tappe sempre nuove, che il Signore stesso indica giorno dopo giorno. Perché Lui è il Signore delle sorprese, il Signore delle novità, ma delle vere novità. E poi – la prima modalità era “le vesti strette ai fianchi” – poi ci è richiesto di mantenere «le lampade accese», per essere in grado di rischiarare il buio della notte. Siamo invitati, cioè, a vivere una FEDE autentica e matura, capace di illuminare le tante “notti” della vita. Lo sappiamo, tutti abbiamo avuto giorni che erano vere notti spirituali. La lampada della FEDE richiede di essere alimentata di continuo, con l’incontro cuore a cuore con Gesù nella preghiera e nell’ascolto della sua Parola. Riprendo una cosa che vi ho detto tante volte: portate sempre un piccolo Vangelo in tasca, nella borsa, per leggerlo. È un incontro con Gesù, con la Parola di Gesù. Questa lampada dell’incontro con Gesù nella preghiera e nella sua Parola ci è affidata per il bene di tutti: nessuno, dunque, può ritirarsi intimisticamente nella certezza della propria salvezza, disinteressandosi degli altri. È una fantasia credere che uno possa da solo illuminarsi dentro. No, è una fantasia. La FEDE vera apre il cuore al prossimo e sprona verso la comunione concreta con i fratelli, soprattutto con coloro che vivono nel bisogno. E Gesù, per farci capire questo atteggiamento, racconta la parabola dei servitori che attendono il ritorno del padrone quando torna dalle nozze , presentando così un altro aspetto della vigilanza: essere pronti per l’incontro ultimo e definitivo col Signore. Ognuno di noi si incontrerà, si troverà in quel giorno dell’incontro. Ognuno di noi ha la propria data dell’incontro definitivo. Dice il Signore: «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; … E, se giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!» . Con queste parole, il Signore ci ricorda che la vita è un cammino verso l’eternità; pertanto, siamo chiamati a far fruttificare tutti i talenti che abbiamo, senza mai dimenticare che «non abbiamo qui la città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» . In questa prospettiva, ogni istante diventa prezioso, per cui bisogna vivere e agire su questa terra avendo la nostalgia del cielo: i piedi sulla terra, camminare sulla terra, lavorare sulla terra, fare il bene sulla terra, e il cuore nostalgico del cielo.
...>Noi non possiamo capire davvero in cosa consista questa gioia suprema, tuttavia Gesù ce lo fa intuire con la similitudine del padrone che trovando ancora svegli i servi al suo ritorno: «si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli» . La gioia eterna del paradiso si manifesta così: la situazione si capovolgerà, e non saranno più i servi, cioè noi, a servire Dio, ma Dio stesso si metterà a nostro servizio. E questo lo fa Gesù fin da adesso: Gesù prega per noi, Gesù ci guarda e prega il Padre per noi, Gesù ci serve adesso, è il nostro servitore. E questa sarà la gioia definitiva. Il pensiero dell’incontro finale con il Padre, ricco di misericordia, ci riempie di speranza, e ci stimola all’impegno costante per la nostra santificazione e per costruire un mondo più giusto e fraterno. La VERGINE MARIA, con la sua materna intercessione, sostenga questo nostro impegno.
Volgi lo sguardo, Signore, alla tua alleanza,
RispondiEliminanon dimenticare per sempre la vita dei tuoi poveri.
Alzati, o Dio, difendi la mia causa,
non dimenticare la supplica di chi ti invoca. (Cf. Sal 73,20.19.22)
Dio onnipotente ed eterno,
guidati dallo Spirito Santo,
osiamo invocarti con il nome di Padre:
fa’ crescere nei nostri cuori lo spirito di figli adottivi,
perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
O Dio, fedele alle tue promesse,
che ti sei rivelato al nostro padre Abramo,
donaci di vivere come pellegrini in questo mondo,
affinché, vigilanti nell’attesa,
possiamo accogliere il tuo Figlio nell’ora della sua venuta.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
Prima Lettura
Come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te.
Dal libro della Sapienza
Sap 18,6-9
La notte [della liberazione] fu preannunciata
ai nostri padri,
perché avessero coraggio,
sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.
Il tuo popolo infatti era in attesa
della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.
Difatti come punisti gli avversari,
così glorificasti noi, chiamandoci a te.
I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto
e si imposero, concordi, questa legge divina:
di condividere allo stesso modo successi e pericoli,
intonando subito le sacre lodi dei padri.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 32 (33)
R. Beato il popolo scelto dal Signore.
Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità. R.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. R.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. R.
Seconda Lettura
Aspettava la città il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
Dalla lettera agli Ebrei
Eb 11,1-2.8-19
Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.
Acclamazione al Vangelo
RispondiEliminaAlleluia, alleluia.
Vegliate e tenetevi pronti,
perché, nell’ora che non immaginate,
viene il Figlio dell’uomo. (Mt 24,42a.44)
Alleluia.
Vangelo
Anche voi tenetevi pronti.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 12,32-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Parola del Signore.
FAUSTI – I discepoli, anche se sono “miriadi di folle” restano sempre un gregge col carattere della piccolezza ; perchè il suo Pastore si è fatto più piccolo di tutti. La Chiesa resterà sempre un piccolo gregge e non avrà mai la pretesa di diventare forte.
RispondiEliminaTante pecore insieme non faranno mai un lupo! Il Padre conosce il nostro vero bisogno : essere ciò che siamo, cioè suoi figli. Questo è il regno che ci ha donato Gesù.
Chi tesorizza per sé, perde la vita e non arricchisce davanti a Dio. Il tesoro vero non è ciò che hai, ma ciò che dai : questo non viene meno neanche nella morte.
Perchè chi dà al povero, fa un prestito a Dio.
Questo tesoro non occorre né custodirlo né curarlo. Non è oggetto d'affanno e d'angoscia, perchè nessuno te lo sottrae e nessuno te lo distrugge.
E' tuo e non ti viene mai meno : è la tua somiglianza di figlio col Padre.
L'uomo diventa ciò che attende . Chi attende la morte, diventa suo figlio e produce morte. Chi fa dipendere la vita da ciò che ha, vive la morte come un ladro che ruba tutto.
Chi attende il Signore Gesù , ha la sua stessa vita di figlio del Padre.
Il tempo è pieno, gravido di eternità. Il momento della fine ci resta ignoto.
Sappiamo però che segna l'incontro con “ il Figlio dell'uomo” che viene, e sappiamo che tutta la vita è un cammino verso di Lui.
L'esistenza cristiana è attesa di colui che deve tornare : lo Sposo!
Il discepolo non ha qui la sua patria. La casa della sua nostalgia è altrove.
Straniero e pellegrino sulla terra, non ha quaggiù una città stabile, ma cerca quella futura,
(Eb 13,14) , dove sta Colui che attende.
La comunità di Luca è cosciente che il Signore non verrà tanto presto.
Il momento del Suo ritorno sarà la notte, figura della morte personale , anticipo della notte cosmica.
Ma il tempo dell'attesa non è vuoto.
E' il tempo della salvezza , in cui la Chiesa testimonia il suo Signore davanti a tutto il mondo.
La storia diventa il luogo della decisione e della conversione , della vigilanza e della fedeltà alla Parola, che ci trasforma a immagine del Figlio.
La nostra vigilanza non è uno scrutare nel buio. E' un tenere accesa davanti al mondo la luce del Signore, continuando la sua missione tra i fratelli.
Quando camminiamo come Lui ha camminato, prestiamo i piedi al Suo ritorno.
La Sua venuta escatologica è vissuta quotidianamente nel banchetto eucaristico.
La condizione per aprirgli è quella di essere uomini “in attesa”, coi lombi “cinti” e le “lampade ardenti”. Gli aprono subito perchè lo desiderano.
Il credente veglia nella notte del mondo. Veglia perchè sa che in questa notte avviene qualcosa di grande : il Signore passa. E' la Sua Pasqua. Il Signore si cinge per servire chi è cinto : serve i suoi servi. Servire significa amare.
La notte è ampia quanto la nostra vita , con le sue difficoltà. E il mondo conosce molte notti.
L'Eucaristia ci rende capaci di condurre una vita luminosa e pasquale, fino a quando sorgerà il sole.
Il regno viene quando il credente vive l'Eucaristia.
Culmine e origine di tutta la vita cristiana, essa riporta nel presente il passato e il futuro di Gesù: il Signore Morto e Risorto si fa nostro cibo per farci condurre una vita pasquale in attesa
del Suo ritorno.
Tutti abbiamo ricevuto un grande dono .
Il dono è fecondo come l'amore. Se resta sterile, non è ricevuto come dono d'amore.
Il credente è chiamato a prendere seria conoscenza delle sue responsabilità davanti a Dio : deve testimoniarlo come e con Gesù davanti a tutto il mondo. Così diventerà ciò che è , figlio dell'Altissimo, ed entra in possesso di tutti i beni del suo Signore.
GIOVANNI PAOLO II – ANGELUS - Castel Gandolfo - Domenica, 10 agosto 1980
RispondiElimina1. “La FEDE è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”(Eb 11, 1). Con queste parole ci parla l’autore della Lettera agli Ebrei nella seconda lettura della messa di oggi.
La FEDE, che fa passare l’uomo dal mondo delle cose visibili alla realtà invisibile di Dio e alla vita eterna,
rassomiglia a quel cammino, al quale fu chiamato da Dio ABRAMO - qualificato perciò come “padre di tutti
coloro che credono” (cf. Rm 4, 11.12). In seguito leggiamo nella Lettera agli Ebrei: “Per FEDE ABRAMO,
chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove
andava. Per FEDE soggiornò nella terra promessa . . .” (Eb 11, 8-9). Sì, è così. La FEDE è il pellegrinaggio
spirituale in cui l’uomo s’incammina, seguendo la parola del Dio vivente, per arrivare alla terra della pace
promessa e della felicità, all’unione con Dio “faccia a faccia”; a quella unione che riempirà, nel cuore
umano, la fame e la sete più profonda: la fame della verità e la sete dell’amore.
Perciò, come ascoltiamo in seguito nella liturgia dell’odierna domenica, l’atteggiamento di spirito, che si
addice al credente, è l’atteggiamento di vigilanza: “Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo
verrà nell’ora che non pensate” (Lc 12, 40). Una simile vigilanza è anche l’espressione dell’aspirazione
spirituale a Dio mediante la FEDE.
BENEDETTO XVI - ANGELUS - Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Domenica, 8 agosto 2010
RispondiEliminaNel brano evangelico di questa domenica, continua il discorso di Gesù ai discepoli sul valore della persona
agli occhi di Dio e sull’inutilità delle preoccupazioni terrene. Non si tratta di un elogio al disimpegno. Anzi,
ascoltando l’invito rassicurante di Gesù «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare
a voi il Regno» (Lc 12,32), il nostro cuore viene aperto ad una speranza che illumina e anima l’esistenza
concreta: abbiamo la certezza che «il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono
sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è
stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova» (Enc. Spe Salvi, 2 ).
Come leggiamo nel brano della Lettera agli Ebrei nella Liturgia odierna, ABRAMO s’inoltra con cuore
fiducioso nella speranza che Dio gli apre: la promessa di una terra e di una «discendenza numerosa» e parte
«senza sapere dove andava», confidando solo in Dio (cfr 11,8-12). E Gesù nel Vangelo di oggi – attraverso
tre parabole – illustra come l’attesa del compimento della «beata speranza», la sua venuta, deve spingere
ancora di più ad una vita intensa, ricca di opere buone: «Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina;
fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma» E’ un invito ad usare le cose senza egoismo, sete di possesso o di dominio, ma secondo la logica di
Dio, la logica dell’attenzione all’altro, la logica dell’amore: come scrive sinteticamente Romano Guardini, «nella forma d’una relazione: a partire da Dio, in vista di Dio» (Accettare se stessi, Brescia 1992, 44).
Confidiamo nel sostegno materno della VERGINE MARIA, Regina dei Santi che amorosamente condivide il nostro pellegrinaggio. A Lei rivolgiamo la nostra preghiera.
PAPA FRANCESCO – ANGELUS 11 agosto 2019
RispondiEliminaNell’odierna pagina evangelica , Gesù richiama i suoi discepoli alla continua vigilanza. Perché? Per cogliere il passaggio di Dio nella propria vita, perché Dio continuamente passa nella vita. E indica le modalità per vivere bene questa vigilanza: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese» . Anzitutto «le vesti strette ai fianchi», un’immagine che richiama l’atteggiamento del pellegrino, pronto per mettersi in cammino. Si tratta di non mettere radici in comode e rassicuranti dimore, ma di abbandonarsi, di essere aperti con semplicità e fiducia al passaggio di Dio nella nostra vita, alla volontà di Dio, che ci guida verso la meta successiva. Il Signore sempre cammina con noi e tante volte ci accompagna per mano, per guidarci, perché non sbagliamo in questo cammino così difficile.
Infatti, chi si fida di Dio sa bene che la vita di FEDE non è qualcosa di statico, ma è dinamica! La vita di FEDE è un percorso continuo, per dirigersi verso tappe sempre nuove, che il Signore stesso indica giorno dopo giorno. Perché Lui è il Signore delle sorprese, il Signore delle novità, ma delle vere novità.
E poi – la prima modalità era “le vesti strette ai fianchi” – poi ci è richiesto di mantenere «le lampade accese», per essere in grado di rischiarare il buio della notte. Siamo invitati, cioè, a vivere una FEDE autentica e matura, capace di illuminare le tante “notti” della vita. Lo sappiamo, tutti abbiamo avuto giorni che erano vere notti spirituali. La lampada della FEDE richiede di essere alimentata di continuo, con l’incontro cuore a cuore con Gesù nella preghiera e nell’ascolto della sua Parola. Riprendo una cosa che vi
ho detto tante volte: portate sempre un piccolo Vangelo in tasca, nella borsa, per leggerlo. È un incontro con Gesù, con la Parola di Gesù. Questa lampada dell’incontro con Gesù nella preghiera e nella sua Parola ci è affidata per il bene di tutti: nessuno, dunque, può ritirarsi intimisticamente nella certezza della propria salvezza, disinteressandosi degli altri. È una fantasia credere che uno possa da solo illuminarsi dentro. No, è una fantasia. La FEDE vera apre il cuore al prossimo e sprona verso la comunione concreta con i fratelli,
soprattutto con coloro che vivono nel bisogno.
E Gesù, per farci capire questo atteggiamento, racconta la parabola dei servitori che attendono il ritorno del padrone quando torna dalle nozze , presentando così un altro aspetto della vigilanza: essere pronti per l’incontro ultimo e definitivo col Signore. Ognuno di noi si incontrerà, si troverà in quel giorno dell’incontro. Ognuno di noi ha la propria data dell’incontro definitivo. Dice il Signore: «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; … E, se giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!» . Con queste parole, il Signore ci ricorda che la vita è un cammino verso l’eternità; pertanto, siamo chiamati a far fruttificare tutti i talenti che abbiamo, senza mai dimenticare che
«non abbiamo qui la città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» .
In questa prospettiva, ogni istante diventa prezioso, per cui bisogna vivere e agire su questa terra avendo la nostalgia del cielo: i piedi sulla terra, camminare sulla terra, lavorare sulla terra, fare il bene sulla terra, e il cuore nostalgico del cielo.
...>Noi non possiamo capire davvero in cosa consista questa gioia suprema, tuttavia Gesù ce lo fa intuire con la similitudine del padrone che trovando ancora svegli i servi al suo ritorno: «si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli» . La gioia eterna del paradiso si manifesta così: la situazione si capovolgerà, e non saranno più i servi, cioè noi, a servire Dio, ma Dio stesso si metterà a nostro servizio. E questo lo fa Gesù fin da adesso: Gesù prega per noi, Gesù ci guarda e prega il Padre per noi, Gesù ci serve adesso, è il nostro servitore. E questa sarà la gioia definitiva. Il pensiero dell’incontro finale con il Padre,
RispondiEliminaricco di misericordia, ci riempie di speranza, e ci stimola all’impegno costante per la nostra santificazione e per costruire un mondo più giusto e fraterno. La VERGINE MARIA, con la sua materna intercessione, sostenga questo nostro impegno.