giovedì 28 luglio 2022

C - 18 DOMENCA T.O.


 

6 commenti:

  1. O Dio, vieni a salvarmi,
    Signore, vieni presto in mio aiuto.
    Tu sei mio aiuto e mio liberatore:
    Signore, non tardare. (Sal 69,2.6)

    Mostra la tua continua benevolenza, o Padre,
    e assisti il tuo popolo,
    che ti riconosce creatore e guida;
    rinnova l’opera della tua creazione
    e custodisci ciò che hai rinnovato.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo.



    O Dio, fonte della carità,
    che in Cristo tuo Figlio
    ci chiami a condividere la gioia del Regno,
    donaci di lavorare con impegno in questo mondo,
    affinché, liberi da ogni cupidigia,
    ricerchiamo il vero bene della sapienza.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo.

    Prima Lettura
    Quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica?
    Dal libro del Qoèlet
    Qo 1,2; 2,21-23

    Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
    vanità delle vanità: tutto è vanità.
    Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
    Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!

    Parola di Dio.


    Salmo Responsoriale
    Dal Sal 89 (90)
    R. Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
    Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
    quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
    Mille anni, ai tuoi occhi,
    sono come il giorno di ieri che è passato,
    come un turno di veglia nella notte. R.

    Tu li sommergi:
    sono come un sogno al mattino,
    come l’erba che germoglia;
    al mattino fiorisce e germoglia,
    alla sera è falciata e secca. R.

    Insegnaci a contare i nostri giorni
    e acquisteremo un cuore saggio.
    Ritorna, Signore: fino a quando?
    Abbi pietà dei tuoi servi! R.

    Saziaci al mattino con il tuo amore:
    esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
    Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
    rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
    l’opera delle nostre mani rendi salda. R.


    Seconda Lettura
    Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
    Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési
    Col 3,1-5.9-11

    Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
    Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
    Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
    Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
    Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

    Parola di Dio.

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  2. Acclamazione al Vangelo
    Alleluia, alleluia.

    Beati i poveri in spirito,
    perché di essi è il regno dei cieli. (Mt 5,3)

    Alleluia.

    Vangelo
    Quello che hai preparato, di chi sarà?
    Dal Vangelo secondo Luca
    Lc 12,13-21

    In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
    E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
    Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

    Parola del Signore.

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  3. PAPA FRANCESCO
    ANGELUS 4 agosto 2019
    Il Vangelo di oggi (cfr Lc 12, 13-21) si apre con la scena di un tale che si alza tra la folla e chiede a Gesù di dirimere una questione giuridica circa l’eredità di famiglia. Ma Egli nella risposta non affronta la questione, ed esorta a rimanere lontano dalla cupidigia, cioè dall’avidità di possedere. Per distogliere i suoi ascoltatori da questa ricerca affannosa della ricchezza, Gesù racconta la parabola del ricco stolto, che crede di essere felice perché ha avuto la fortuna di una annata eccezionale e si sente sicuro per i beni accumulati. Sarà bello che oggi voi la leggiate; è nel capitolo dodicesimo di San Luca, versetto 13. È una bella parabola che ci insegna tanto. Il racconto entra nel vivo quando emerge la contrapposizione tra quanto il ricco progetta per se stesso e quanto invece Dio gli prospetta.

    Il ricco mette davanti alla sua anima, cioè a se stesso, tre considerazioni: i molti beni ammassati, i molti anni che questi beni sembrano assicurargli e terzo, la tranquillità e il benessere sfrenato (cfr v.19). Ma la parola che Dio gli rivolge annulla questi suoi progetti. Invece dei «molti anni», Dio indica l’immediatezza di «questa notte; stanotte morirai»; al posto del «godimento della vita» Gli presenta il «rendere la vita; renderai la vita a Dio», con il conseguente giudizio. Per quanto riguarda la realtà dei molti beni accumulati su cui il ricco doveva fondare tutto, essa viene ricoperta dal sarcasmo della domanda: «E quello che ha preparato, di chi sarà?» (v.20). Pensiamo alle lotte per le eredità; tante lotte di famiglia. E tanta gente, tutti sappiamo qualche storia, che all’ora della morte incomincia a venire: i nipoti, i nipotini vengono a vedere: “Ma cosa tocca a me?”, e portano via tutto. È in questa contrapposizione che si giustifica l’appellativo di «stolto» - perché pensa a cose che lui crede essere concrete ma sono una fantasia - con cui Dio si rivolge a quest’uomo. Egli è stolto perché nella prassi ha rinnegato Dio, non ha fatto i conti con Lui.

    La conclusione della parabola, formulata dall’evangelista, è di singolare efficacia: «Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio» (v.21). È un ammonimento che rivela l’orizzonte verso cui tutti noi siamo chiamati a guardare. I beni materiali sono necessari – sono beni! -, ma sono un mezzo per vivere onestamente e nella condivisone con i più bisognosi. Gesù oggi ci invita a considerare che le ricchezze possono incatenare il cuore e distoglierlo dal vero tesoro che è nei cieli. Ce lo ricorda anche San Paolo nell’odierna seconda lettura. Dice così: «Cercate le cose di lassù. … rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2).

    Questo – si capisce - non vuol dire estraniarsi dalla realtà, ma cercare le cose che hanno un vero valore: la giustizia, la solidarietà, l’accoglienza, la fraternità, la pace, tutte cose che costituiscono la vera dignità dell’uomo. Si tratta di tendere ad una vita realizzata non secondo lo stile mondano, bensì secondo lo stile evangelico: amare Dio con tutto il nostro essere, e amare il prossimo come lo ha amato Gesù, cioè nel servizio e nel dono di sé. La cupidigia dei beni, la voglia di avere beni, non sazia il cuore, anzi provoca di più fame! La cupidigia è come quelle buone caramelle: tu ne prendi una e dice: “Ah! Che buona”, e poi prendi l’altra; e una tira l’altra. Così è la cupidigia: non si sazia mai. State attenti! L’amore così inteso e vissuto è la fonte della vera felicità, mentre la ricerca smisurata dei beni materiali e delle ricchezze è spesso sorgente di inquietudine, di avversità, di prevaricazioni, di guerre. Tante guerre incominciano per la cupidigia.La Vergine Maria ci aiuti a non lasciarci affascinare dalle sicurezze che passano, ma ad essere ogni giorno credibili testimoni dei valori eterni del Vangelo.

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  4. BENEDETTO XVI - ANGELUS - Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Domenica, 1° agosto 2010
    … Nel Vangelo dell’odierna domenica, l’insegnamento di Gesù riguarda proprio la vera saggezza ed è introdotto dalla domanda di uno della folla: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» (Lc 12,13). Gesù, rispondendo, mette in guardia gli ascoltatori dalla brama dei beni terreni con la parabola del ricco stolto, il quale, avendo accumulato per sé un abbondante raccolto, smette di lavorare, consuma i suoi beni divertendosi e s’illude persino di poter allontanare la morte. «Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”» (Lc 13,20). L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza. L’uomo che confida nel Signore, invece, non teme le avversità della vita, neppure la realtà ineludibile della morte: è l’uomo che ha acquistato “un cuore saggio”, come i Santi …Nel rivolgere la nostra preghiera a Maria Santissima, desidero ricordare altre ricorrenze significative: domani si potrà lucrare l’indulgenza detta della Porziuncola o “il Perdono di Assisi”, che san Francesco ottenne, nel 1216, dal Papa Onorio III

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  5. FAUSTI – Questa parabola descrive l'uomo che fa consistere la propria sicurezza nell'accumulo dei beni. E' il contrario del discepolo la cui sicurezza è nell'amore del Padre e dei fratelli.
    La nostra vita non sta nei beni, ma in Colui che li dona.
    La sapienza di Dio ha previsto che la soddisfazione dei bisogni che abbiamo diventi strumento per colmare il bisogno che siamo : la comunione col Padre che dona e con i fratelli con cui condividiamo. Questo è il regno dei figli, il nostro vero tesoro.
    Non accettando la tua identità, ti identifichi con ciò che possiedi. Invece di servirti del mondo come suo signore, lo servi come tuo signore.
    L'avere di più è il primo tentativo maldestro di salvarsi suggerito dalla paura della morte.
    Se fai dipendere la tua vita da ciò che hai, distruggi ciò che sei.
    La vita infatti è dal Padre; per questo sei figlio suo e fratello di tutti.
    Se la tua vita è dalle cose, lui non è più tuo Padre e i fratelli sono tuoi contendenti.
    E le stesse cose che prima erano “da” Dio e “per” te , cambiano valore : se tu “da” loro e “per” loro e sacrifichi la tua vita a ciò che doveva garantirla.
    Ciò che hai e possiedi , ti dà morte se lo consideri come fine invece che come mezzo.
    Ne sei schiavo e per quanto tu possieda non sarai mai pieno, perché altro è il pane che ti sazia.
    Per inganno l'uomo ha abbandonato la “sorgente d'acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate, che non contengono l'acqua”(Ger 2,13): ha posto come principio della propria vita il timore della morte ,invece che l'amore del Padre della vita. I frutti della terra sono benedizione di Dio (Dt 28).
    Chi li riceve come dono è benedetto lui stesso.
    Chi li prende come possesso , li taglia dalla loro sorgente ed è maledetto.
    Riceverli come dono significa usarli ricordando che sono dal Padre e per tutti i fratelli.
    Quest'amore concreto del Padre e dei fratelli, che si esprime rispettivamente in lode e in misericordia, è tutta la Legge.
    Ogni qualvolta vivrà con spirito di padrone, Israele andrà in esilio.
    L'oblio del dono è la via dell'esilio ; il ricordo e la conversione quella del ritorno.
    Mosè mette in guardia il popolo , ammonendolo di non dire mai “è mio” ciò che gli sarà dato nella terra promessa (Dt 8,7-20).
    Chi vuol possedere è in realtà posseduto da ciò che possiede. Non è più libero, ma schiavo.
    Come per Adamo lo stare nel giardino è legato all'obbedienza a Dio, così per Israele lo stare nella terra promessa è legato in concreto al non impadronirsi del dono. Dio ha ordinato di non possedere e di non accumulare , bensì di ringraziare del dono e di condividere.
    L'obbedienza a questa Sua Parola introduce nel riposo (terra promessa), dove si mangia ( si vive), si beve ( si ama) e si gioisce , perché nel soddisfare i bisogni primari si soddisfa anche quello essenziale : l'amore del Padre e dei fratelli!
    Il possesso è contrario al ringraziare, ed è contro Dio ; l'accumulo è contrario alla condivisione ed è contro gli uomini. Il ricco, che punta sull'avere di più, si isola sempre più dagli altri e s'ingabbia nella sua solitudine. La stoltezza si consuma nel compiacersi dei beni, facendo di essi la propria vita e sicurezza. “Riposa, mangia, bevi ,godi” : è il programma di vita dell'uomo.
    I beni, nel piano di Dio, servirebbero per questo!
    Ma è stoltezza credere di realizzarlo seguendo la via dell'avere di più.
    La stoltezza consiste nel fatto che la morte non è evitata da ciò che il timore di essa ha suggerito. La paura infatti è cattiva consigliera , e getta in braccio a ciò che si teme.
    La coscienza della morte mi mostra il mio essere profondo : la mia solitudine assoluta davanti a Lui, che può essere colmata solo da Lui, mio riposo, mio cibo, mia bevanda e mia gioia.

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  6. https://www.youtube.com/watch?v=yfapEPqKQ3g&t=28s

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