giovedì 2 giugno 2016

C - 10 DOM.T.O.


1 commento:

  1. S. FAUSTI – Il centurione pagano, che crede nell'efficacia della parola del Signore anche in sua assenza, ci ha fatto vedere com'è la fede per noi che non abbiamo visto il Signore: sapere che Lui ci salva mediane la sua parola di promessa. Cristo infatti salva mediante la Parola tutti coloro che l'accolgono. Ora si mostra perchè possiamo avere tale fede : sia perchè Lui si commuove al nostro male e ci visita con la sua presenza, sia perchè Lui è il Signore e la sua parola è efficace , capace di salvarci anche dalla morte.
    Egli è la misericordia che incontra la nostra miseria e realizza quanto detto da Zaccaria : la bontà misericordiosa del nostro Dio, che viene a visitarci dall'alto come sole che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte.
    Gesù ha appena proclamato il Regno promesso : la beatitudine ai poveri, affamati e piangenti, e comandato la misericordia. Ora sazia la fame del più povero tra tutti : un morto, l'estremamente povero, digiuno di vita. Ora usa grazia e misericordia verso il più piccolo tra tutti, l'estremamente piccolo, un bimbo morto, figlio unico di madre vedova!
    Gesù fa per primo quanto ha espresso come esigenza del Figlio di Dio : ama i nemici ,
    si prende a cuore i piccoli ,e accoglie i peccatori (Lc 7 ). E' un racconto kerigmatico, un invito del credente al non credente, perché partecipi alla lode di Dio in colui che, senza esserne per nulla pregato, è venuto a vincere la morte. Il racconto è esclusivo di Luca , che narra due resurrezioni nel Vangelo ( qui e la figlia di Giairo 8, 40-56) e due negli Atti ( 9, 36-42 e 20,7-12).
    C'è lo sfondo veterotestamentario della risurrezione operata da Elia (1Re 17,17-24) e da Eliseo (2Re 4,32-37).La risurrezione dai morti , che per Israele è un'attesa escatologica, è totalemente estranea alla mentalità pagana.
    Il desiderio di vincere la morte – costitutivo dell'uomo! - non può mai tradursi in speranza reale per l'uomo, perché è brutalmente spezzato dalla morte.
    La risurrezione è indeducibile da qualsiasi premessa, impossibile per qualsiasi pretesa e attesa umana : è deducibile solo dalla promessa di Dio, possibile solo come dono inatteso della sua potenza misericordiosa.
    Più che la potenza di Gesù , il racconto evidenzia la misericordia del Salvatore, Dio previene e visita senza richiesta, preghiera o fede, chi è totalmente perduto e non può più richiedere né pregare, né credere.
    Gesù è qui chiamato da Luca per la prima volta “Signore”. Ciò significa che questo episodio lo rivela pienamente : è Il Signore di misericordia, autore della vita, vincitore della morte.
    Il figlio della vedova è descritto in termini che alludono a Gesù stesso morto e risorto .
    È il “figlio unigenito”, “alla porta della città”, si “desta” e, al suo destarsi, si parla di “un grande profeta destato tra noi”. Questo scambio di figura, questa sovraimpressione, Gesù/figlio unico morto/destato sta a indicare la misericordia.
    Essa lo porterà a venire incontro alla nostra miseria, fino a identificarsi con noi e perdere sé per salvare noi.
    Il racconto vuole suscitare fede nella misericordia di Dio per i piccoli e per i piangenti, per ogni uomo , che è piccolo e piangente di fronte alla morte.
    Piccolo perchè assolutamente indifeso , piangente perchè irrimediabilmente offeso.
    Gesù viene a dare speranza là dove nessuno può averne.
    Perchè l'uomo muore ; e, quando vive, vive nel dolore della morte altrui e nell'attesa della propria. Gesù vince colui che dà morte alla vita e restituisce la vita alla vita : la madre ritrova il figlio.

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