martedì 15 marzo 2022

C - 3 DOMENICA QUARESIMA




 

5 commenti:

  1. Quando mostrerò la mia santità in voi,
    vi radunerò da ogni terra; vi aspergerò con acqua pura
    e sarete purificati da tutte le vostre impurità
    e metterò dentro di voi uno Spirito nuovo (Ez- 33,23-26)



    O Dio dei nostri padri,
    che ascolti il grido degli oppressi,
    concedi ai tuoi fedeli
    di riconoscere nelle vicende della storia
    il tuo invito alla conversione,
    per aderire sempre più saldamente a Cristo,
    roccia della nostra salvezza.
    Egli è Dio, e vive e regna con te.

    Prima Lettura
    Io-Sono mi ha mandato a voi.
    Dal libro dell'Èsodo
    Es 3,1-8a.13-15

    In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
    L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
    Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
    Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
    Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
    Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

    Parola di Dio.

    Salmo Responsoriale
    Dal Sal 102 (103)
    R. Il Signore ha pietà del suo popolo.
    Benedici il Signore, anima mia,
    quanto è in me benedica il suo santo nome.
    Benedici il Signore, anima mia,
    non dimenticare tutti i suoi benefici. R.

    Egli perdona tutte le tue colpe,
    guarisce tutte le tue infermità,
    salva dalla fossa la tua vita,
    ti circonda di bontà e misericordia. R.

    Il Signore compie cose giuste,
    difende i diritti di tutti gli oppressi.
    Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
    le sue opere ai figli d’Israele. R.

    Misericordioso e pietoso è il Signore,
    lento all’ira e grande nell’amore.
    Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
    così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono. R.


    Seconda Lettura
    La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento.
    Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
    1Cor 10,1-6.10-12

    Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
    Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
    Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

    Parola di Dio.

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  2. Acclamazione al Vangelo
    Lode e onore a te, Signore Gesù!

    Convertitevi, dice il Signore,
    il regno dei cieli è vicino. (Mt 4,17)

    Lode e onore ate, Signore Gesù!



    Vangelo
    Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
    Dal Vangelo secondo Luca
    Lc 13,1-9

    In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
    Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

    Parola del Signore.

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  3. PAROLE DEL S.PADRE FRANCESCO

    Il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima (cfr Lc 13,1-9) ci parla della misericordia di Dio e della nostra conversione. Gesù racconta la parabola del fico sterile. Un uomo ha piantato un fico nella propria vigna, e con tanta fiducia ogni estate va a cercare i suoi frutti ma non ne trova, perché quell’albero è sterile. Spinto da quella delusione ripetutasi per ben tre anni, pensa dunque di tagliare il fico, per piantarne un altro. Chiama allora il contadino che sta nella vigna e gli esprime la sua insoddisfazione, intimandogli di tagliare l’albero, così che non sfrutti inutilmente il terreno. Ma il vignaiolo chiede al padrone di avere pazienza e gli domanda una proroga di un anno, durante il quale egli stesso si preoccuperà di riservare una cura più attenta e delicata al fico, per stimolare la sua produttività. Questa è la parabola. Che cosa rappresenta questa parabola? Cosa rappresentano i personaggi di questa parabola?

    Il padrone raffigura Dio Padre e il vignaiolo è immagine di Gesù, mentre il fico è simbolo dell’umanità indifferente e arida. Gesù intercede presso il Padre in favore dell’umanità – e lo fa sempre – e lo prega di attendere e di concederle ancora del tempo, perché in essa possano germogliare i frutti dell’amore e della giustizia. Il fico che il padrone della parabola vuole estirpare rappresenta una esistenza sterile, incapace di donare, incapace di fare il bene. È simbolo di colui che vive per sé stesso, sazio e tranquillo, adagiato nelle proprie comodità, incapace di volgere lo sguardo e il cuore a quanti sono accanto a lui e si trovano in condizione di sofferenza, di povertà, di disagio. A questo atteggiamento di egoismo e di sterilità spirituale, si contrappone il grande amore del vignaiolo nei confronti del fico: fa aspettare il padrone, ha pazienza, sa aspettare, gli dedica il suo tempo e il suo lavoro. Promette al padrone di prendersi particolare cura di quell’albero infelice.

    E questa similitudine del vignaiolo manifesta la misericordia di Dio, che lascia a noi un tempo per la conversione. Tutti noi abbiamo bisogno di convertirci, di fare un passo avanti, e la pazienza di Dio, la misericordia, ci accompagna in questo. Nonostante la sterilità, che a volte segna la nostra esistenza, Dio ha pazienza e ci offre la possibilità di cambiare e di fare progressi sulla strada del bene. Ma la dilazione implorata e concessa in attesa che l’albero finalmente fruttifichi, indica anche l’urgenza della conversione. Il vignaiolo dice al padrone: «Lascialo ancora quest’anno» (v. 8). La possibilità della conversione non è illimitata; perciò è necessario coglierla subito; altrimenti essa sarebbe perduta per sempre. Noi possiamo pensare in questa Quaresima: cosa devo fare io per avvicinarmi di più al Signore, per convertirmi, per “tagliare” quelle cose che non vanno? “No, no, io aspetterò la prossima Quaresima”. Ma sarai vivo la prossima Quaresima? Pensiamo oggi, ognuno di noi: cosa devo fare davanti a questa misericordia di Dio che mi aspetta e che sempre perdona? Cosa devo fare? Noi possiamo fare grande affidamento sulla misericordia di Dio, ma senza abusarne. Non dobbiamo giustificare la pigrizia spirituale, ma accrescere il nostro impegno a corrispondere prontamente a questa misericordia con sincerità di cuore.

    Nel tempo di Quaresima, il Signore ci invita alla conversione. Ognuno di noi deve sentirsi interpellato da questa chiamata, correggendo qualcosa nella propria vita, nel proprio modo di pensare, di agire e di vivere le relazioni con il prossimo. Al tempo stesso, dobbiamo imitare la pazienza di Dio che ha fiducia nella capacità di tutti di potersi “rialzare” e riprendere il cammino. Dio è Padre, e non spegne la debole fiamma, ma accompagna e cura chi è debole perché si rafforzi e porti il suo contributo di amore alla comunità. La Vergine Maria ci aiuti a vivere questi giorni di preparazione alla Pasqua come un tempo di rinnovamento spirituale e di fiduciosa apertura alla grazia di Dio e alla sua misericordia.

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  4. BENEDETTO XVI

    7 marzo 2010


    La liturgia di questa terza domenica di Quaresima ci presenta il tema della conversione. Nella prima lettura, tratta dal Libro dell’Esodo, Mosè, mentre pascola il gregge, vede un roveto in fiamme, che non si consuma. Si avvicina per osservare questo prodigio, quando una voce lo chiama per nome e, invitandolo a prendere coscienza della sua indegnità, gli comanda di togliersi i sandali, perché quel luogo è santo. “Io sono il Dio di tuo padre – gli dice la voce – il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”; e aggiunge: “Io sono Colui che sono!” (Es 3,6a.14). Dio si manifesta in diversi modi anche nella vita di ciascuno di noi. Per poter riconoscere la sua presenza è però necessario che ci accostiamo a lui consapevoli della nostra miseria e con profondo rispetto. Diversamente ci rendiamo incapaci di incontrarlo e di entrare in comunione con Lui. Come scrive l’apostolo Paolo, anche questa vicenda è raccontata per nostro ammonimento: essa ci ricorda che Dio si rivela non a quanti sono pervasi da sufficienza e leggerezza, ma a chi è povero ed umile davanti a Lui.

    Nel brano del Vangelo odierno, Gesù viene interpellato circa alcuni fatti luttuosi: l’uccisione, all’interno del tempio, di alcuni Galilei per ordine di Ponzio Pilato e il crollo di una torre su alcuni passanti (cfr Lc 13,1-5). Di fronte alla facile conclusione di considerare il male come effetto della punizione divina, Gesù restituisce la vera immagine di Dio, che è buono e non può volere il male, e mettendo in guardia dal pensare che le sventure siano l’effetto immediato delle colpe personali di chi le subisce, afferma: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,2-3). Gesù invita a fare una lettura diversa di quei fatti, collocandoli nella prospettiva della conversione: le sventure, gli eventi luttuosi, non devono suscitare in noi curiosità o ricerca di presunti colpevoli, ma devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l’illusione di poter vivere senza Dio, e per rafforzare, con l’aiuto del Signore, l’impegno di cambiare la vita. Di fronte al peccato, Dio si rivela pieno di misericordia e non manca di richiamare i peccatori ad evitare il male, a crescere nel suo amore e ad aiutare concretamente il prossimo in necessità, per vivere la gioia della grazia e non andare incontro alla morte eterna. Ma la possibilità di conversione esige che impariamo a leggere i fatti della vita nella prospettiva della fede, animati cioè dal santo timore di Dio. In presenza di sofferenze e lutti, vera saggezza è lasciarsi interpellare dalla precarietà dell’esistenza e leggere la storia umana con gli occhi di Dio, il quale, volendo sempre e solo il bene dei suoi figli, per un disegno imperscrutabile del suo amore, talora permette che siano provati dal dolore per condurli a un bene più grande.

    Cari amici, preghiamo Maria Santissima, che ci accompagna nell’itinerario quaresimale, affinché aiuti ogni cristiano a ritornare al Signore con tutto il cuore. Sostenga la nostra decisione ferma di rinunciare al male e di accettare con fede la volontà di Dio nella nostra vita.

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  5. FAUSTI - Due fatti di cronaca : un'uccisione e un incidente con molte vittime . Nel primo caso è in gioco la libertà e la cattiveria dell'uomo, nel secondo l'ineluttabilità e la violenza del creato.
    Questi due avvenimenti richiamano in modo esemplare ciò che maggiormente scuote la fede del credente : perché Dio permette i soprusi e le violenze , i disastri e i terremoti?
    La storia con le sue ingiustizie e la natura con la sua insensatezza sembrano dominate piuttosto dal maligno o dal caso. Nel primo episodio ci si aspetta che giudichi tra cattivi e buoni. Nel secondo è implicita l'obiezione di fondo: che fiducia si può avere nel Padre, se gli innocenti soffrono?
    Gesù li prende come modelli di difficile discernimento , per dare al credente una chiave di lettura per gli avvenimenti storici e naturali ( Sl 136).
    Il male che c'é , sia nell'uomo che nelle cose, è misteriosamente connesso con il peccato; ma non sfugge di mano a quel Dio nella cui mano sono gli abissi della terra (Sl 95,4) e che raccoglie in un otre le acque del mare ( Sl 33, 7). E' vero che tutti abbiamo peccato ; ma il nostro male è ormai il luogo della salvezza : “ là dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”.( Rom 5,20).
    Tutti gli avvenimenti sono quindi da leggere, a un livello più profondo, in termini di perdizione e di salvezza: svelano la perdizione dalla quale ci salva la conversione al Signore
    Conoscere i “segni del tempo” significa vedere nel male il Signore che viene a salvarci chiamandoci alla conversione. Il buon discernimento apre gli occhi e fa cambiare vita
    Come i nostri limiti quotidiani sono luoghi di amore e di comunione con gli altri, così il nostro limite assoluto è luogo di comunione con l'Altro, l'Assoluto, da cui veniamo e a cui ritorniamo. La conversione radicale è uscire dal delirio di onnipotenza : accettare la vita e la morte come comunione con Dio.
    Discernere i segni del presente significa leggere ogni fatto e dato come appello a passare dall'ipocrisia alla filialità, dal regno della paura a quello della libertà.
    I profeti – ultimo tra loro il Battista – furono inviati per richiamare il popolo a produrre questi frutti.
    Con il Messia ci si aspettava la venuta di Dio per il rendiconto finale . Gesù invece darà inizio all'anno di Grazia. In Lui, il Figlio, inizia il tempo in cui Dio esercita la Sua Misericordia in modo diretto e definitivo . Fa Lui l'anno santo, che gli uomini non fanno.
    “Ecco, da tre anni vengo...” Sono i tre anni del ministero di Gesù. Essi, per sé, concludono la storia e costituiscono il tempo per la venuta per il giudizio. Ma sono anche l'oggi della salvezza , nella pazienza del Figlio che si prende cura dei nostri mali.
    Quest'oggi verrà prolungato ancora per un anno, fino ad oggi e sempre, ovunque la missione, l'annuncio e la conversione renderanno gli uomini contemporanei alla Sua Parola di Grazia.
    Quest'anno è la durata della nostra storia, che dura sempre ancora un anno, per intercessione del Figlio che compie ciò che il Padre vuole. Anno di Grazia inaugurato a Nazareth che giunge fino a noi.Tutti gli anni successivi sono l' ”ancora un anno”che si prolunga , per fare con l'annuncio la medesima offerta alle generazioni successive.
    Questo è il senso profondo della storia . È l'anno della pazienza e della Misericordia di Dio, una dilatazione della salvezza e una dilazione del giudizio, ancora sempre per un anno, da allora fino ad ora e fino alla fine. Dio non taglia il fico, cioè l'uomo! Lo rispetta perché lo ama. Gli prodiga intorno tutta la sua opera, perché possa rispondere al suo amore.

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